alpini
del territorio bolognese romagnolo
L'EROE DI MICIURINSK
La tragica morte del bolognese Giovanni Bassi,
Tenente del 3° Reggimento Artiglieria Alpina in Russia.
di Mario Gallotta
pubblicato il 15 febbraio 2007
pagina aggiornata il 1° agosto 2010
(3) |
Tambow,
Suzdal, Krinowaja, Oranki e Miciurinsk sono i nomi di alcuni
campi (1) nei quali vennero imprigionati i
soldati italiani catturati dai sovietici. Nomi che evocano dolore,
sofferenza e morte, poiché la maggior parte dei reclusi,
dopo aver patito le pene più atroci, di ordine fisico,
spirituale e psicologico, non riuscì a rivedere il volto
dei familiari e il cielo della Patria.
Fra le vittime di Miciurinsk, vero e proprio campo degli orrori,
figura anche Giovanni Bassi, che non ebbe in sorte una fine
gloriosa in battaglia, ma concluse la sua breve esistenza in
un lugubre
bunker, ucciso dal bestiale trattamento dei carcerieri che non
gli perdonarono un atto di sublime coraggio, degno di un autentico
eroe.
Secondo lo stato di servizio, Giovanni Bassi, nato a Bologna
l’8 gennaio 1915, fu ammesso nel settembre 1938 al corso allievi
ufficiali dell’arma di artiglieria - specialità alpina.
Cartolina degli anni '30 del Gruppo
"Udine" |
Terminato il corso venne assegnato per il servizio di prima
nomina al Gruppo "Udine" del 3° Reggimento Artiglieria
Alpina.
Il 18 aprile del 1939 partì per l’Albania con il suo
reparto, imbarcandosi a Bari con il piroscafo “Titania”. Tutta
la “Julia” fu infatti mobilitata ed inviata nel “paese delle
aquile” in seguito alla decisione italiana di occupare il
territorio albanese.
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Un osservatorio dell'artiglieria alpina sul fronte greco.
a fianco: Le operazione di "imbarco muli"
della "Julia"
per l'Albania nell'aprile del
1939.
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Trattenuto
alle armi dopo l’inizio delle ostilità con la Grecia, Giovanni
Bassi seguì le sorti del Gruppo “Udine” fino al termine
della campagna, conclusasi nell’aprile del 1941. Successivamente,
come ha scritto Ivo Emett (2) in una lettera
del 14 ottobre 2006 indirizzata all’autore di questo articolo
“…venne distaccato con me all’Ufficio Affari Civili del Comando
di Presidio di Argos, che aveva il compito di assistere la popolazione
civile povera, anche per causa della guerra, con mense popolari
ed altri utili aiuti. In tal senso operavamo anche contro i tedeschi,
che invece tentavano di razziare, nella zona, prodotti della terra
ed altro, che noi obbligavamo a scaricare, dato che il comando
della zona era nostro”.
Partito per l’Italia da Patrasso il 28 marzo del 1942, Bassi sbarcò
a Bari il 1° aprile, ma la sua permanenza sul territorio nazionale
fu di breve durata.
Nominato
Tenente il 17 luglio 1942 partì infatti per la Russia il
13 agosto successivo.
Assegnato al comando reggimentale, partecipò alla battaglia
di Kopancki il 20 gennaio 1943, meritando la Medaglia d’Argento
al V.M. Questa la motivazione:”Comandante la pattuglia
O.C. distaccata presso un reparto di alpini, impegnato in un cruento
e duro combattimento, scattava tra i primi all’assalto di un caposaldo
nemico che conquistava dopo un furioso e selvaggio corpo a corpo.
Catturato in successiva azione, decedeva in prigionia”.
Circa la cattura non disponiamo di informazioni precise. Sappiamo
tuttavia che giunse al tristemente noto campo di Miciurinsk, dove
purtroppo si spense la sua giovane vita.
Una "Domenica del Corriere" del gennaio
1943, illustrata da Walter Molino, così
rappresenta
la ritirata degli alpini. La realtà
era purtroppo e tristemente ben diversa.
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Le
ultime vicende di Giovanni Bassi sono descritte nel libro “SELENYJ
JAR - Il quadrivio insanguinato” del Gen. Ermenegildo Moro
(ripubblicato da Mursia nel 2005) che ha raccolto ed ordinato
i diari del Magg. Luigi Boschis (comandante del Btg. Alpini “L’Aquila”
fino al 28 dicembre 1942), del S.Ten. Giuseppe Prisco e del Ten.
Giovanni Battista Zannier.
Proprio quest’ultimo, allora aiutante maggiore in seconda del
Btg. “L’Aquila”, ci dice che a Miciurinsk (80 km. a ovest di Tambow,
350 circa a sud-est di Mosca) il comando russo inquadrò
la massa dei prigionieri in “compagnie” di circa mille uomini,
suddivise a seconda della nazionalità.
Insofferente dell’inattività assoluta che caratterizzava
le interminabili giornate di prigionia, Zannier si offrì
di comandarne una (la 5ª, composta da italiani). Il “comando”,
per la verità, era una “rogna” notevole, poiché
si trattava di organizzare il prelevamento del rancio, presiedere
alla sua distribuzione, mantenere la disciplina, curare la pulizia
dei ricoveri e…contare i morti. A Zannier fu concesso di avere
due vice-comandanti e la scelta cadde su due ufficiali del 3°
Reggimento Artiglieria Alpina: i Tenenti Antoniacomi e Bassi.
Distribuire equamente l’eventuale rancio (una pagnotta di tre
chilogrammi ogni trenta uomini, più mezzo pesce salato
- quando c’era - e una scodella di brodaglia che pareva acqua
sporca) non era agevole, ma con l’aiuto dei suoi “vice” Zannier
riuscì, utilizzando anche le maniere forti contro i prepotenti,
a stabilire un minimo di ordine.
Alla fame e al freddo si aggiunse il tifo, portato dai pidocchi,
che falcidiò le schiere dei prigionieri.
Una rara immagine di prigionieri italiani in attesa di
essere
incolonnati verso la prigionia. |
Ma
era soprattutto la fame a torturare i prigionieri, al punto che
si manifestarono i primi casi di cannibalismo. Uomini allucinati
e ormai impazziti non pensavano che a una sola cosa: placare i
morsi terribili di una fame ormai atroce.
Zannier, Bassi e Antoniacomi (4) fecero il giro dei ricoveri, ricorrendo
ad ogni argomento per evitare i casi di antropofagia, ma inutilmente.
“I fatti di cannibalismo - scrive Zannier - anziché
diminuire aumentarono: a moltissimi cadaveri…venivano estratti
il cervello, il fegato e il cuore, tagliati i muscoli delle gambe
e delle cosce, e l’orribile pasto veniva cucinato nel coperchio
della gavetta”.
Un giorno poi, i sovietici colsero in flagrante due prigionieri,
che vennero immediatamente fucilati.
“Nei loro occhi sbarrati - continua Zannier - si
potevano leggere tutte le infinite privazioni che avevano inaridito
il loro cuore e imbestialito la loro anima…Ma lo scempio continuò.
Allora il Tenente Bassi… osò compiere un gesto assurdo,
che tuttavia illuminò di una luce di generosità
e di altruismo la sua figura di ufficiale: riuscito a farsi ricevere
dal comandante russo, ebbe il coraggio di parlare chiaro e di
dirgli che se i nostri soldati mangiavano carne umana era perché
stavano morendo di fame, e che la colpa di questa aberrazione
non poteva essere attribuita ai prigionieri ma agli stessi russi,
che non avevano mai dato, né davano loro da mangiare a
sufficienza.
Il generoso gesto costò al Tenente Bassi la vita: per tutta
risposta il comandante russo lo fece gettare in un bunker adibito
a prigione, dove il povero e valoroso ufficiale morì di
fame e di freddo qualche giorno dopo”.
Così, a soli 28 anni, in un giorno di marzo del 1943, concluse
la sua esistenza terrena il bolognese Giovanni Bassi, Tenente
del 3° Reggimento Artiglieria Alpina (Divisione “Julia”) in
Russia.
Certamente, come ogni militare, aveva messo in conto la possibilità
di non tornare a casa. Forse aveva immaginato di morire gloriosamente,
di fronte al nemico. Di certo non aveva pensato di concludere
i suoi giorni in un cupo e miserabile bunker, fra gli spettri
del freddo e della fame.
E’ difficile stabilire graduatorie fra gli eroi, ma noi pensiamo
che sia più facile rischiare la vita in battaglia (e Bassi
aveva già dimostrato il suo valore e il suo disprezzo del
pericolo sotto il fuoco avversario) che affrontare da inermi,
con inaudito coraggio, il comandante di quel “campo degli orrori”
che fu Miciurinsk.
A Giovanni Bassi e agli altri eroi sconosciuti che seppero tenere
alta la fronte dinanzi a carcerieri privi di qualsiasi umanità,
onorando nel modo più alto la penna nera, la divisa e
la propria dignità di uomini, giunga postumo il nostro
reverente e commosso omaggio, perché il suo esempio ci
illumini sempre nel percorrere l’ardua strada del dovere.
Il Tenente Giovanni Bassi muore per sevizie e stenti il 10 aprile 1943 nel campo prigionieri di Miciurinsk.
(1)
Secondo Pino Scaccia, inviato della RAI
ed autore del volume “ARMIR - sulle tracce
di un esercito perduto” (ERI, 1992), i campi
di prigionia allestiti dai sovietici furono 103.
(2) Il Ten. Col. nel ruolo d’onore Ivo Emett,
nato ad Ancona nel 1918, combatté sul fronte greco-albanese
come ufficiale dell’artiglieria alpina (Gruppo “Conegliano”).
Partecipò alla campagna di Russia nei ranghi della 77ª
batteria controcarro e venne catturato dai russi. Tornò
a casa solo nel 1947, dopo aver conosciuto l’orrore dei campi
d’internamento sovietici. Una volta giunto in Italia denunciò
assieme ad altri compagni di sventura le angherie subite e fu
querelato dal senatore comunista Edoardo D’Onofrio, che tuttavia
perse clamorosamente la causa in un processo che fece epoca (cfr.
“Il processo D’Onofrio e la verità”, Editrice A.B.E.S.,
Bologna, 1949)
Ivo Emett, decorato di M.A.V.M. “sul campo”
e di C.G.V.M., è autore del libro
”NICEVO’”, pubblicato da Mursia nel 2005.
(3)
La fotografia di Giovanni Bassi (inserita il 15 febbraio) è
stata inviata dal Col. degli alpini Antonio Masciarelli, Capo
Sezione Collegamento Forze Terrestri e Navali della Divisione
Operazioni Aeree del COFA di Poggio Renatico,
Ferrara, e tratta dal libro di Lino Moroni "Tasi e Tira,
ricordi di guerra del 3° Rgt. Art. Alpina".
aggiornamento
inserito il 1° agosto 2010
Grazie al Col. degli alpini Antonio Masciarelli, Capo Sezione
Collegamento Forze Terrestri e Navali della Divisione Operazioni
Aeree del COFA di Poggio Renatico, Ferrara,
che ci ha inviato copia fotostatica del libro di Lino Moroni
"Tasi e Tira, ricordi di guerra del 3° Rgt. Art. Alpina",
dal quale in primo tempo era stata tratta la fotografia del
tenente Giovanni Bassi. Il Col. Mascarelli ci ha inoltre segnalato
che il libro era stato dedicato dall'autore proprio al "nostro"
Bassi.
Riteniamo doveroso completarne la biografia inserendo questa
doverosa segnalazione che rende onore alla sua memoria.
la
copertina del libro edito da
Libera Università Europea, 1983-
Maestà di Urbisaglia (MC)
a
destra,
la bella dedica, pubblicata
alla terza pagina di copertina.
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Alla
memoria
del
tenente di complemento
Bassi Giovanni di Bologna
studente universitario (1)
sottocomandante della valorosa 34ª btr.
del Gruppo Udine - 3° Rgt. Art. Alpina
Divisione JULIA
amico buono e leale
fratello d'arme fiero e generoso
forte di umana bontà
infinita abnegazione
fino a pagare con la vita
l'amore e la stima
dei suoi artiglieralpini.
Morto
in Russia
in cella di rigore
nel Campo di prigionia
di Tambow.
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(1) In realtà Giovanni Bassi conseguì la laurea in Economia e Commercio presso l'Università degli Studi di Bologna il 27/02/1940, prima dell'inizio della seconda guerra mondiale.
aggiornamento inserito il 1° aprile 2012
(4) Trattasi del Ten. Elio Antoniacomi nato a Gemona del Friuli nel 1919, decorato di M.A.V.M. al valor militare nel dicembre 1942 e deceduto, come Bassi, nel campo di Miciurinsk.
Si ringrazia la Sig.ra Annamaria, sorella del Caduto, per la foto che ci è stata concessa e che non può essere riprodotta senza la sua autorizzazione.
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