rassegna
stampa da
Canta..che
ti passa
periodico della Sezione ANA Bolognese Romagnola
figure di alpini scomparsi : il capitano
Giovanni Bassi
di Gabriele Beluzzi *
pubblicato il 1° aprile 2005
Conobbi
il capitano degli alpini Giovanni Bassi un giovedì sera dell’ottobre
1960 quando, appena congedato, mi recai in Via San Vitale 13 a Bologna,
per rendermi conto cosa fosse l’ANA. Sulla porta a vetri vi era
un vistoso “distintivo” : Battaglione Alpini Val di Reno! (1) Un
reparto sconosciuto e certamente non appartenente a nessuna brigata
alpina nel 1960. Aperta la porta, nella penombra, mi aggredì un’imponente
busto in gesso di un poderoso alpino, quasi a guardia della frontiera!
Arrivato al “bettolino” trovai molte persone intente a giocare a
carte in perfetta armonia. Il primo che si accorse del sottoscritto
fu proprio Giovanni; da perfetto padrone di casa e con una certa
aria di anfitrione mi chiese gentilmente che cosa desiderassi. Ascoltato
il motivo della mia visita mi sottopose ad un terzo grado da manuale.
Non ricordo che carica ricoprisse allora in seno alla Sezione, ma
sicuramente era “l’ufficiale arruolatore” e per di più di antico
pelo. Poi strofinandosi le mani e con il corpo leggermente curvo,
come usava fare quando era contento, mi portò nella saletta “riservata”,
dove stavano finendo di cenare almeno una dozzina di persone. A
capo tavola l’allora Presidente, Generale Gustavo Zanelli, già ufficiale
di fanteria nella guerra 1915-18 ed in seguito Capitano degli alpini
presso la Suola Centrale Militare di Alpinismo per la sua ben nota
esperienza di “skiatore” e rocciatore. Da Maggiore ebbe l’incarico
di formare il battaglione sciatori Monte Cervino e di comandarlo
in Grecia; purtroppo anche di vederlo decimato prima di essere ferito
seriamente egli stesso. Nel dopoguerra comandò e riorganizzò la
Scuola Militare Alpina.
Appena
Bassi mi presentò al gruppo, venni inquadrato da capo a piedi e
sottoposto ad interrogatorio di “ennesimo” grado, su come avevo
svolto il servizio di prima nomina. Quando accennai che ero stato
al 3° della Julia tutti i numerosi presenti persero la loro diffidenza
nei miei confronti ed il Presidente mi disse: bevi e benvenuto in
questa “sporca ma grande fameja” (frase Manaresiana (2).
Da
allora continuai a frequentare la sede, dove era possibile pranzare,
giocare a biliardo, cantare accompagnati dal pianoforte, giocare
a carte ed ascoltare le tante avventure di guerra e di donne. Bassi
intanto mi lavorava ai fianchi con l’impegno di un certosino. Aveva
visto giusto: questo è un ragazzo che dovrà rendersi utile alla
Sezione. Poi successe un fatto spiacevole: il segretario sezionale
prendeva a “prestito” le quote sociali e per una somma irrisoria
fu giustamente pregato di dare le dimissioni. Naturalmente Bassi
mi pregò di prendere il posto ed io accettai.
Giovanni
era contento del mio lavoro e si confidava come un padre e così
venni a conoscere parte della sua vita alpina…
Da
Sottotenente nel 1916-17, come comandante del reparto mitragliatrici
è al Cauriol, poi con Manaresi (Angelo) e con Monelli (Paolo) al
Feltre ed infine al Monte Pavione. Non amava tanto rammentare quel
periodo, aveva visto troppi morti!
Perito
Industriale diplomato alle Aldini di Bologna, micologo e diplomato
in erboristeria, dopo la guerra batteva la zona della sua Bedonia
e della Val di Toro, commerciando in funghi e tartufi, oltre che
essere l’uomo delle pubbliche relazioni delle Terme di Salsomaggiore.
E come tale, quando il REX conquistò il nastro azzurro, partì con
un furgone Balilla carico di deplians delle Terme e raggiunse Gibilterra
giusto in tempo per imbarcarsi sulla nostra nave ammiraglia che
ritornava in Italia carica di gloria e di ricchi turisti degli States
(3). Nei pochi giorni trascorsi a bordo riuscì a convincere circa
100 americani a disintossicarsi a Salsomaggiore per un mese. Per
convincerli usava l’alcool, lui che era a prova di bomba. Mi confessò
di non avere mai bevuto così in vita sua, però la spuntò, ma non
mi parlò del lauto premio ricevuto…
Era
di carattere burbero e se la prendeva con tutti i soci che non si
davano da fare, come voleva lui. Però spesso era anche burlone,
specialmente quando ricordava quello che gli alpini bolognesi combinavano
ai raduni; come a quello di Napoli del 1932. Allora venivano organizzate
delle tradotte che in ogni stazione caricavano gli alpini. Quelli
di bologna arrivati a Roma avevano già finito il vino, i salami,
il pane e quindi alcuni di loro, compreso Bassi, scesero per la
corvè. Quando tornarono al binario la loro tradotta era già partita;
ma niente paura perché salirono sulla seguente in transito. Era
quella che era partita dalla “provincia granda”, cioè da Cuni o
Cuneo. Subito dopo aver confabulato fra loro, si portarono in coda
al treno e con i cappelli rovesciati iniziarono a raccogliere “per
la famiglia del milite ignoto”. Quando arrivarono in testa al convoglio,
contarono le monetine e si ritrovarono un malloppo che servì a tutti
i veci bolognesi per spassarsela da signori per tutto il tempo dell’Adunata.
il
capitano Bassi in Africa Orientale
nel
1937.
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Poi
lo ritroviamo richiamato in Africa Orientale al comando di un battaglione
di Ascari. Quando si presenta agli uomini gli si avvicina un “Sunbash”
(sottufficiale di colore) che gli sussurra subito con un candido
sorriso <Tu essere uomo coraggioso!>. Giovanni non si scompone,
chiede semplicemente perché <io valoroso?> ed il Sunbash di
rimando <mio nonno nel 1896 era all’Amba Alagi ed ha visto morire
uomini bianchi con il cappello come il tuo. Erano tutti vicini uno
all’altro nella trincea, nessuno scappato! Voi dalla penna uomini
valorosi>. A questo punto Bassi agisce d’istinto e chiede cosa
deve fare per avere la fiducia degli Ascari. La risposta non si
fa attendere: <tu fare tre cose; non entrare nei tucul (gli Ascari
avevano le mogli al seguito), essere giusto e punire solo quelli
che sbagliano, quando si va all’assalto tu essere sempre davanti
a tutti>. E Giovanni sicuramente seguì questi consigli e si fece
rispettare ed apprezzare da quegli uomini di così diversa cultura,
ma dal saggio comportamento.
Durante
il suo periodo in Africa ebbe più volte occasione di dover compiere
ambascerie presso i Ras locali. Era costumanza che dopo un lauto
pranzo l’ospite dovesse esprimere la sua contentezza eruttando il
più forte possibile, ma Bassi non aveva questo dono. Aveva però
un sottotenente medico ferrarese che una volta gli disse <Capitano
lasci ringraziare a me questi nostri ospiti>. Ne seguì una serie
di fleti impressionanti fra lo stupore dei locali. Da allora Giovanni
si portò sempre seco “il ferrara”, come lo chiamava e le missioni
diplomatiche migliorarono.
Poi
i rovesci della guerra con l’Inghilterra e la prigionia. Prima di
essere autocarrato con gli altri prigionieri venne rimpinzato di
doni dai suoi Ascari e gli inglesi non potevano comprendere questo
amore per il bianco…Evidentemente il Bassi di Begonia si era comportato
bene con i suoi uomini ed essi ricambiavano.
Destinazione
Nairobi, nel campo con il Duca d’Aosta. Niente paura la vita continua.
Subito sfrutta la sua preparazione in erboristeria e con alcuni
compagni si mette a raccogliere bacche di ginepro ed a distillarle
con la loro fruttescenza. Sarà questa volpata che indurrà gli inglesi
a preferire il suo “gin” a quello della loro naja. Un successo per
lui e per gli altri prigionieri. In cambio del nettare avrà dei
carcerieri, farina, zucchero, caffè, zibibbio, burro ed altre cose
mangerecce. Poi usando un primordiale forno da lui stesso costruito
e scatolette come stampi, riuscirà a sfornare per tutto il campo
“Italia” migliaia di panettoni per festeggiare il Natale del 1940.
L’esperimento durerà fino alla fine del 1945, naturalmente con continue
migliorie, tanto da diventare una produzione quasi industriale.
Inoltre, utilizzando alambicchi da lui costruiti con materiale di
fortuna e gli scarti della frutta della mensa (banane, passiflora,
ecc.) portati a fermentazione, produsse per distillazione l’alcol
necessario per l’ospedale da campo. I compensi di quella attività
venivano utilizzati per la gestione della trattoria “il gatto arrostito”
creata per ricordare ai compagni di prigionia i sapori di casa.
Infine la lenta liberazione; così lo troviamo a Suez in attesa di
imbarcarsi per l’Italia. Ha in tasca qualche centinaio di sterline
accumulate durante gli anni di prigionia. Le custodisce gelosamente
nella tasca posteriore dei calzoni. Si reca alla latrina improvvisata,
quella a cielo aperto con l’asse equilibrio ed il malloppo finisce
nella m….
Niente
paura, nel suo zainetto ha una napoletana e qualche chilo di caffè.
Accende un fuoco e si mette a vendere una passabile bevanda, rifacendosi
in parte della somma perduta. Poi finalmente l’Italia e la famiglia.
Naturalmente reinserimento nella vita sezionale cui offre il suo
spontaneo contributo. Come incaricato a tenere i rapporti con i
Gruppi della Sezione, gira da una parte all’altra Emilia e Romagna.
Molti Gruppi sono sorti (o risorti) per opera sua. Quando c’erano
dei raduni si recava in loco un giorno prima e ne ripartiva uno
dopo. Terminata la “festa” faceva il giro delle osterie e chiedeva
se gli alpini avevano lasciato qualche conto in sospeso. E se c’erano
disguidi pagava di tasca sua. Tanto che nel 1966, cinquantesimo
della presa del Cauriol, dove comandava i mitraglieri, salì la vetta
con i reduci del ’16; in quell’occasione ebbe i primi disturbi cardiaci
che lo portarono alla morte pochi anni dopo.
Una delle ultime immagine del
Cap. Giovanni Bassi.
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Questo
era il Capitano Giovanni Bassi!
L’ultima
sua soddisfazione fu assistere alla favolosa adunata nazionale a
Bologna nel 1969 quando già il suo cuore era ormai in panne. Gli
procurai un posto in tribuna ed egli se la godette tutta d’un fiato.
Poi le scarpe al sole…ma non il suo spirito alpino…..E’ partito
con la voglia della penna bianca ed io sono rimasto con il rammarico
di non avergli saputo regalare un nuovo cappello da maggiore, come
gli avevo promesso.
Redatto
da Beluzzi Gabriele nel 1991 ad oltre vent’anni dalla morte del
Capitano degli Alpini Giovanni Bassi da Bedonia.. Mi piace ricordarlo
in tenuta da “lavoro”: pantaloni alla “zuava”, calzettoni verdi,
scarpe basse, giacca sportiva, camicia bianca con al posto della
cravatta un cordoncino di lana verde e due poupons.
Sicuramente
“razza ANA scomparsa”!
Pubblicato
sul giornale della Sezione bolognese romagnola “Canta…che ti
Passa” n° 2 settembre 1992.
(1)
Battaglione Alpini Val di Reno, era la denominazione della Sezione
bolognese romagnola “imposta” dal regime nel periodo 1938-1943.
(2)
Frase Manaresiana, frase tipica di Manaresi Angelo, bolognese, Presidente
Nazionale dell’Ass. Naz. Alpini dal 1928 al 1943.
(3)
REX, il transatlantico italiano che conquistò il record mondiale
di velocità nell’agosto 1933, noto come “Nastro Azzurro”, sulla
rotta Gibilterra- New York.
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Gabriele Beluzzi è nato a Bologna, ha prestato servizio militare nel 1959-60 come Sottotenente
nel 3° Rgt. Art. da Montagna. Iscritto all’ANA dal 1960,
dal 1966 al 1977 è stato Consigliere sezionale con incarico
di Segretario ricordato fra i più solerti
ed attivi. |
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