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              alpini 
                del territorio bolognese romagnolo Il 
                Generale di Corpo d'Armata Nerio Bianchi: da Bologna a Milano.... 
                passando per la Russia 
 di Mario Gallotta
 
 aggiornata il 15 marzo 2015
 
 
  
             
              
 
                Nel libro “Tutti 
              i vivi all’assalto” (Longanesi, 2003), dedicato alla tragica avventura 
              degli Alpini in Russia (settembre 1942- marzo 1943), Alfio Caruso 
              parla di un piccolo gruppo di superstiti del Battaglione “Morbegno” 
              che il 24 gennaio 1943 riuscì, con altri commilitoni fortunosamente 
              incontrati, ad attraversare le linee in prossimità di Samarino, 
              località a mezza strada fra Valuijki e Nikitowka. 
                  |  nuova 
                      fotografia inserita in data 15 ottobre 2010 (3)
 |  Il giorno successivo la piccola colonna riprese la marcia, venendo 
              prima disturbata e poi seriamente attaccata la sera del 26 gennaio. 
              Fra gli atti di abnegazione e coraggio che condussero quegli uomini 
              alla salvezza Caruso ricorda “l’assalto guidato dal tenente Nerio 
              Bianchi, impossibilitato a imbracciare un’arma per le ferite di 
              Varwarowka”.
 Anche il Faldella, nella sua “Storia delle Truppe Alpine” (volume 
              terzo), descrivendo la stessa situazione elogia “…il valoroso comportamento 
              di alcune squadre di alpini guidate personalmente da ufficiali: 
              fra questi il tenente Nerio Bianchi che, già ferito a Warwarowka, 
              venne in questa azione nuovamente e più gravemente ferito”.
 La marcia si concluse poi con il raggiungimento di Olchowatka (50 
              km. circa ad ovest di Waluijki), dove un presidio tedesco accolse 
              i nostri soldati.
 Ma chi era esattamente il giovane (21 anni!) e valoroso ufficiale 
              del “Morbegno” citato da Caruso e da Faldella?
 Era un bolognese, nato il 23 agosto 1921 all’ombra delle Due Torri 
              in una famiglia di tradizioni militari . L’unico “civile” fra i 
              maschi di casa era il papà del piccolo Nerio : Bruno Bianchi, 
              ingegnere presso le Ferrovie dello Stato, che portò la famiglia 
              (per motivi di lavoro) a Trieste.
 Ma a Bologna (dove aveva vissuto fino all’età di 7 anni) 
              Nerio Bianchi fece ritorno per studiare : venne infatti iscritto 
              al Nobile Collegio “San Luigi”, retto dai padri barnabiti, ove fu 
              avviato agli studi classici.
 Desideroso di rinnovare le tradizioni militari della famiglia, il 
              futuro comandante della “Tridentina” superò nel 1937 le dure 
              prove selettive della Scuola Militare di Napoli (la famosa “Nunziatella”). 
              Nel 1938 fu allievo della Scuola Militare di Milano e nel 1940 fu 
              ammesso alla Regia Accademia di Fanteria e Cavalleria in Modena.
  
             
              
                 
                  |  Russia, 20 gennaio 1943. Il comando del 5° alpini, con 
                      in
 testa il comandante Col. Giuseppe Adami, esce da Skororib.
 
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            Sottotenente 
              in s.p.e. (servizio permanente effettivo) dal 22 marzo 1942, fu 
              destinato il 6 luglio successivo al Battaglione “Morbegno” (5° 
              Alpini, Divisione "Tridentina") con il quale partì 
              per la Russia il 20 luglio 1942. Da un suo breve e scarno intervento, 
              pubblicato su “Nikolajewka : c’ero anch’io” sappiamo che faceva 
              parte della 45^ compagnia, con la quale conquistò una Medaglia 
              d’Argento al valor militare “sul campo”, la cui motivazione esprime, 
              senza bisogno di ulteriori commenti, le qualità umane e militari 
              di Nerio Bianchi :“UFFICIALE COMANDANTE DI PLOTONE FUCILIERI E POI 
              DI ESPLORATORI DI UN BATTAGLIONE ALPINO IMPEGNATO IN DURI COMBATTIMENTI 
              DIFENSIVI ED OFFENSIVI, HA DIMOSTRATO IN OGNI CIRCOSTANZA ALTO SPIRITO 
              DEL DOVERE, FORZA DI CARATTERE, CORAGGIO E SPREZZO DEL PERICOLO. 
              INCARICATO CON I SUOI ESPLORATORI DI ANNIENTARE ELEMENTI NEMICI 
              CHE SI ERANO INFILTRATI NELLE NOSTRE LINEE, OTTENEVA UN BRILLANTE 
              RISULTATO CATTURANDO PRIGIONIERI E ARMI. DOPO QUATTRO GIORNI DI 
              LOTTA SANGUINOSA E TRAGICA, DURANTE UN DIFFICILE E DURISSIMO MOVIMENTO 
              DI RIPIEGAMENTO, BENCHE’ FERITO TROVAVA ANCORA LA FORZA MORALE E 
              FISICA DI RESPINGERE CON POCHI UOMINI E POCHE ARMI UN ENNESIMO ATTACCO 
              NEMICO RIMANENDO, NELL’EROICA AZIONE, GRAVEMENTE FERITO PER UNA 
              SECONDA VOLTA. IL SUO ATTO EROICO PERMETTEVA ALLA COLONNA DI RAGGIUNGERE 
              LA SALVEZZA.
 GIOVANISSIMO UFFICIALE HA DIMOSTRATO DI POSSEDERE IN MODO SUPERLATIVO 
              MAGNIFICHE VIRTU’ DI SOLDATO E DI UOMO”. Fronte russo, gennaio 
              1943.
 Al “Morbegno” Nerio Bianchi conobbe anche il Sottotenente Antonio 
              Maini  (residente a Francolino frazione del Comune di Ferrara), che secondo 
              il Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra “…risulta tuttora 
              disperso dal 26 gennaio 1943”. (1)
 Rientrato in Italia con un treno ospedale, Nerio Bianchi non si 
              sottrasse agli appuntamenti che il destino gli aveva riservato. 
              Sottrattosi alla cattura dei Tedeschi dopo l’8 settembre, partecipò 
              infatti a tutta la Guerra di Liberazione con il Battaglione “L’Aquila” 
              del Reggimento Fanteria Speciale “Legnano”, meritando una Medaglia 
              di Bronzo al Valor Militare “sul campo” nei pressi della natia Bologna 
              e precisamente a Ca’ di Bazzone (10-11 aprile 1945).
 In precedenza (notte dell’8 aprile) aveva partecipato ad un altro 
              fatto d’arme, ricordato da Aldo Rasero nel suo “Alpini della Julia”.
 Il suo valore fu riconosciuto anche dagli Alleati che lo insignirono 
              della “Bronze Star Medal”, indicandolo, nella nobilissima motivazione, 
              come “esempio delle alte tradizioni dell’Esercito Italiano”.
 Il 21 aprile Nerio Bianchi entrò nella sua città, 
              finalmente liberata, rimanendo colpito dalle macerie provocate dalla 
              guerra e dal numero, che gli parve esagerato, degli insorti che 
              giravano per le vie di Bologna atteggiandosi ad eroici liberatori. 
              Visto che dopo tante peripezie si trovava sotto le Due Torri, approfittò 
              della sosta per recarsi a salutare gli antichi professori del Collegio 
              San Luigi, la cui sede era stata risparmiata dai bombardamenti.
 Cessato il fragore delle armi, Nerio Bianchi riprende il cammino 
              “normale” che lo avrebbe portato a svolgere incarichi sempre più 
              prestigiosi.
  
             
              
                 
                  |  Il Col. Nerio Bianchi, è il primo a sinistra, Comandante 
                      dell'8° Rgt. Alpini, sfila a Bologna
 durante 
                      l'Adunata Nazionale Alpini dell'aprile 1969. Foto gentilmente 
                      concessa dal Gen. Bianchi.
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            Aiutante 
              Maggiore del Btg. “Edolo”, Comandante del Battaglione “Bolzano” 
              a Bressanone, Capo Ufficio O.A.O. del IV Corpo d’Armata Alpino a 
              Bolzano, Comandante dell’ 8° Reggimento Alpini a Tolmezzo, Insegnante 
              titolare di Strategia Globale al Corso Superiore di Stato Maggiore 
              a Civitavecchia, Comandante della Brigata Alpina “Tridentina”, Generale 
              addetto per le truppe alpine presso l’Ispettorato delle Armi di 
              Fanteria e Cavalleria, Comandante dell’Istituto Stati Maggiori Interforze 
              con il grado di Generale di Divisione: queste le tappe principali 
              di una carriera intensamente vissuta, che vedrà Nerio Bianchi 
              promosso al grado di Generale di Corpo d’Armata nel 1992.Dopo il congedo il Generale Nerio Bianchi, iscritto alla Sezione 
              A.N.A. di Bolzano, ha vissuto a Milano, dove tuttora risiede, in 
              un riserbo quasi assoluto, che ha interrotto al solo scopo di onorare 
              i Suoi commilitoni caduti in Russia ed in Italia (2). 
              Noi lo ringraziamo per le notizie che ci ha cortesemente fornito 
              e per averci ricordato che sotto le Due Torri si sente ognora “di 
              casa” perché “ha sempre Bologna nel cuore”.
  
             
                  
                 
                  |  
                       Terminato il servizio attivo Nerio Bianchi, pur conservando 
                        le stellette nel cuore,
 ha 
                        condotto una vita ritirata, rinunciando a partecipare 
                        a qualsiasi manifestazione pubblica.
 Unica eccezione, salute permettendo, la presenza alle 
                        cerimonie commemorative dei Caduti del "Morbegno"
 al Pian delle Betulle , Lecco, ove sorge la chiesetta 
                        votiva riprodotta nella foto gentilmente
 concessa dal Gen. Bianchi. La chiesetta, opera dell'Arch. 
                        Cereghini, nasce da un voto
 fatto in Albania, a Squimarit nel 1941. E' dedicata a 
                        tutti i Caduti del "Morbegno" e contiene
 anche un'icona russa. Il campanile, che pare brutalmente 
                        tranciato, vuol ricordare una "penna mozza".
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              aggiornamento 
              inserito in data 15 marzo 2015 (1) La comunicazione di Onorcaduti, indirizzata al Gruppo Alpini di 
                Ferrara, è del 23 marzo 2006.Secondo le informazioni raccolte nel corso degli anni da Nilo Pes, 
                che ha meritoriamente pubblicato “Aosta ’41” - C’ero anch’io (edizione 
                speciale 2005), Antonio Maini nacque il 26.03.1919 a  Costa di Rovigo e si trasferì poi a Francolino,  frazione del Comune di Ferrara. 
                Giunto alla Scuola Centrale Militare di Alpinismo, ad Aosta, fu 
                assegnato alla 1ª compagnia del 1° Battaglione Universitario. 
                Frequentò poi il 26° corso A.U.C. a Bassano del Grappa. 
                Sottotenente al 5° Alpini (Btg. “Morbegno”), cadde a Nikolajewka 
                il 26 gennaio 1943.
 Secondo le notizie ufficiose raccolte da Nerio Bianchi il Sottotenente 
                Maini (comandante del Plotone Collegamenti – Compagnia Comando del 
                Btg. “Morbegno”) sarebbe invece deceduto ad Oranki nel marzo 1943, 
                dopo esser stato catturato dai sovietici.
 Grazie alle ricerche dell’Ing. Francesco Guaraldi,  socio del Gruppo Alpini di Ferrara (che si è recato presso gli archivi  dell’ateneo estense), è stato possibile appurare che Maini risultava iscritto  alla Facoltà di Medicina dell’Università di Ferrara nonchè recuperarne la  fotografia.
 Il nome del Sottotenente Antonio Maini è inciso nel monumento 
                ai Caduti di Francolino, recentemente restaurato. Principale promotore 
                del restauro è stato il Prof. Mario Morsiani, iscritto come 
                “amico degli Alpini” al Gruppo di Ferrara nonché Presidente 
                provinciale dell’Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi 
                in Guerra.
 (2) Il Gen. Bianchi è stato rintracciato 
                grazie alle informazioni trasmesseci dal Gen. Cesare Di Dato, direttore 
                de “L’Alpino”.
 (3) La fotografia è stata tratta dal sito 
                web dedicato al Museo degli alpini di Darfo Boario Terme che ha 
                come Presidente l'alpino Gen. C.A. Roberto Scaranari, la cui famiglia ha origini ferraresi.
 
 
              
 aggiornamento 
                inserito in data 1° marzo 2010  
            Ci 
              segnala Gianni Mandelli di Lecco, che ringraziamo e che si definisce; 
              "solo amico degli alpini", ma, alpino nel cuore, che il 
              Generale Nerio Bianchi è deceduto a Milano nella primavera 
              2009. Il suo ricordo, con il nome inciso su una marmetta come "Morbegnino", 
              è stato onorato nella chiesa votiva del "Morbegno" 
              a Pian delle Betulle, suggestiva valle nel Comune di Margno nell'alta 
              Valsassina , a 30 km. da Lecco. Qui, in data di domenica 6 settembre 
              2009, per consolidata annuale iniziativa della Sezione  di Lecco, 
              si è svolta la cerimonia alla presenza, oltre a varie Autorità 
              civili e militari locali, del sottosegretario alla Presidenza del 
              Consiglio Carlo Giovanardi, del Presidente Nazionale Alpini Corrado 
              Perona, dell'Arcivescovo Dionigi Tettamanzi il quale ha anche benedetto 
              le marmette con incisi i nomi di altri 6 reduci del "Morbegno" 
              combattenti sui vari fronti. Oltre cinquemila "penne nere" 
              hanno presenziato all'annuale appuntamento commemorativo, che nel 
              2009 ricordava anche il 50° anniversario di consacrazione della 
              chiesa votiva.  
             
              
                 
                  |  la benedizione delle marmette impartita dall'Arcivescovo
 Dionigi Tettamanzi.
 |  ...oltre cinquemila "penne nere" hanno presenziato......
 (fotografie tratte dal sito web della Sezione)
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