la
Sezione bolognese romagnola
Alcune “curiosità” a proposito del titolo “canta….che
ti passa”
di Giuseppe Martelli
pubblicato il 15 aprile 2013
La
presentazione del primo numero uscito in stampa nel giugno 1963:
ANNO I° N°1
– Mensile Giugno 1963
<
CANTA, CHE TI PASSA….>
Gli
Alpini tutti, sanno il significato dell’intestazione del giornale.
Non tutti forse sanno che ancora nel 1916 al Battaglione Tirano la
carta intestata del Reparto portava questo motto.
Come
sarà nato? Chi l’avrà coniato? Inutile il ricercare l’autore. E’ certamente
un Alpino, il quale, vedendo un suo compagno triste o per poco allegre
notizie da casa, o perché la morosa gli ha fatto un dispetto, o perché
si è vista fregare la licenza, o perché doveva sottostare ad un colpo
di naja, gli ha detto: < Canta; che ti passa…>
Se
la naja alpina, infatti, è costituita da crode, di lunghe marce, di
mesi eterni di trincea, di rifugi incrodati o interrati, di sacrifici,
di tutto ciò che può essere scocciante per le persone normali, essa
però è anche costituita di canti: siano lenti e solenni, svelti o
gioiosi, malinconici o allegri, i canti degli Alpini hanno un gran
pregio, ti tolgono dallo stomaco il magone che le cattive notizie
ti hanno procurato, ti legano ancora ai compagni che ti son fratelli;
ti impediscono di fare il musone, ti evitano di far fesserie.
E
tra un canto e l’altro trovi anche il tempo per un bicchiere di vino.
La naja continua, militare o borghese che tu sia, ma quando senti
un coretto, ti si drizzan le orecchie come al mulo in vicinanza della
stalla e vai a riversare nel coro la tua angustia.
Seconda
curiosità:
Il
104° reggimento di marcia “Cuneense” durante i sei mesi di operazioni
in Jugoslavia (febbraio-agosto 1943) pubblicava un giornalino redatto
a cura di alcuni ufficiali del comando, dove venivano narrate azioni
di guerra dei sui reparti, atti di valore, fatti di cronaca e vignette
umoristiche. Il giornale chiuse con lo scioglimento del Reparto avvenuto
il 24 agosto 1943.
La
testata è qui sotto riprodotta.
Su
L’ALPINO del 15 maggio 1928 compare questa “lirica” scritta da Renzo
Boccardi tratta dal suo libro “La Canzone dei Verdi, cantare alpino”,
casa editrice Cartoccino, Monza 1927.
CANTA CHE TI PASSA!
Cantare!
voce
che sale e che scende
come
una fontana
che
zampilla,
che
trilla,
e
che nel sole
risplende
e
dipana parole:
canzone
per obliare
il
male
e
la morte che forse ti assale,
canzone
per memorare
la
vita che lunge ti attende:
Canta
che ti passa.
Se
la gioia
ti
esalti
ne
l’ebbrezza d’un’ora gioconda
ancor
più del buon vino
vicino,
se
la noia
ti
circonda
de
l’accidia di eterni
silenzii
che invano tu assalti
di
voci, se ti serra
ne
i gelidi inverni
il
desìo e la carne ti punge
|
per
la tua donna che la guerra
da te
lontana disgiunge
ne la
pianura più bassa:
Canta
che ti passa.
Se una
“pipa” ti rode
la già
magra cinquina
e la
cinghia più tiri
e sospiri,
se la
sorte
ti elegge
e destina
a le
pattuglie e l’assalto
su per
le ardue crode,
se la
morte
ti sfiora
su in alto
col freddo
suo fiato,
col rombo
feroce
che urla
con ogni sua voce
e sconquassa:
Canta
che ti passa.
Se esoso
pidocchio ti punge,
se il
rancio gelato
ti giunge,
e la
“Sussistenza”
i generi
di conforto |
con
troppa insistenza
ti munge,
se lo
sconforto
ti morda
ed il dubbio ti roda
che un
turbe “imboscato”
la donna
tua sola
si goda,
se, per
non piangere, ridi
del tuo
male
e soffochi
i gridi
ne la
gola
già lassa
sin che
il dolore è quetato:
Canta
che ti passa.
Canzone,
fiore
sbocciato d’incanto
su lo
stelo
de la
voce,
su lo
stelo de la passione,
corolla
di malinconia,
rugiada
di pianto,
cielo
pieno
di voli,
pieno
di soli,
foce
a la
nostalgia.
Renzo
Boccardi |
Nel
libro “Le canzoni della guerra e della montagna” raccolte da Attilio
Frescura, Carisch S.A. Milano 1940, così viene presentato il libro
dal sottotitolo CANTA CHE TI PASSA, dalla quale sono tratte le
parti più salienti qui sotto riproposte.
“Canta
che ti passa” , era il motto, un poco sfottente del Fante; ma si sa
quanti se ne ricordano ancora? Chi sa quanti, alle ambasce quotidiane,
sanno ripetere a se stessi: canta, che ti passa? Forse bisognerebbe
che la vita fosse imminentemente allo sbaraglio, come allora.
Insomma,
nel vasto quadro della guerra ci possono stare anche le canzoni, nate
dalla nostra passione, che non allineò fanti immusoniti e non mostrò
volti tragici se non nella morte. Tale almeno, è il ricordo che ognuno
di noi ha del camerata della feritoia accanto.
Canta
che ti passa era il motto del Fante di tutte le Armi, nato nell’anonimia
che ha forgiato motti e apostrofi ancora più sublimi. Il Fante, giocondamente
menefreghista, allorché sentiva levar la voce a bestemmiare e imprecare,
di lontano ammonì a l’altro: - Canta, che ti passa - salvo, un attimo
dopo, a sacramentare peggio. Il consiglio, comunque, contiene una
grande verità, che il canto è balsamo a ogni ambascia, com’è espressione
di gioia.
Canta
che ti passa; ma se è possibile, vedi di non riservare agli altri
lo strazio, con la canzone che strazia.
La
guerra ha un poco insegnato, tra l’atro, a cantar in coro, ciò che
una volta era più specialmente degli Alpini (intendiamo i montanari,
dalle Alpi agli Appennini). Il montanaro è più rude, meno armonioso,
meno lirico, isolatamente vale poco o nulla, ma in coro è impareggiabile,
perché tende meno ad individualizzarsi, sapendo rinunciare all’orgoglio
dell’io per la disciplina del noi. Sulle Alpi e sugli Appennini non
nascerà un Caruso (1), ma anche i Carnera (2) si adattano a cantare,
per così dire, in rango; e se nasce, per esempio, la stupenda cadenza
del “Testamento del Capitano”, la cui ultima strofa, se accortamente
rallentata, sembra un inno religioso, solenne come una cattedrale.
Questa
virtù corale deriva dal dono impareggiabile della solitudine: un senso
che la montagna da anche quando non si è soli. I montanari hanno lunghe
ore di marcia per il carico e lunghi ozi nelle cucine calde, o nelle
stalle, presso le miti vacche da latte. Cantando vincono la montagna,
dimenticano la fatica, nobilitano la sosta, popolano la solitudine.
Gli
Alpini, dunque, per le ragioni etniche a cui abbiamo accennato, si
trovano, naturalmente, ad essere non soltanto i cantori più valenti,
ma anche possessori di un vasto repertorio.
CANTA, CHE TI PASSA.
(1)
ndr. riferimento al cantante lirico napoletano Enrico Caruso.
(2) ndr. riferimento
al pugile friulano Primo Carnera.
aggiornamento inserito il 15 maggio 2014
Fra le curiosità rintracciate e già indicata da Mario Gallotta nel suo articolo: cinquanta candeline per il nostro periodico sezionale "Canta che ti Passa", vi è questo "approfondimento".
L'espressione < canta che ti passa > formulata in chiave ironica, è di solito un invito a superare noia, timori o preoccupazioni incombenti attraverso il canto. L'espressione pare sia stata incisa sulla parete di una trincea durante la Prima Guerra Mondiale e riportato da un soldato il cui nome diventerà ben noto: si tratta appunto dell'ufficiale degli alpini Piero Jahier. La trascrisse come epigrafe di una raccolta: "Canti del Soldato" curati con lo pseudonimo di Pietro Barba e pubblicati nel 1919.
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