alpini del territorio bolognese romagnolo

L'OBICE INSANGUINATO
Vita e morte di Paolo Ferratini, eroico ufficiale dell'artiglieria alpina caduto a Nikolajewka.

di Mario Gallotta

pubblicato il 15 settembre 2006
aggiornata il 1° dicembre 2006




Nell'estate 1942 sul fronte russo.
Dopo oltre sessant’anni dall’inizio della campagna di Russia gli scritti sulla tragedia dell’ARM.I.R. sono ormai innumerevoli. Eppure, nonostante la mole ragguardevole di opere storiche, diari, memoriali, epistolari, album, opuscoli e raccolte di articoli, ben pochi fra gli eroici protagonisti di quella tragica epopea hanno ricevuto un degno riconoscimento del proprio valore.
Scarso è il numero delle figure adeguatamente ricordate, mentre di molti caduti nessuno ha parlato.
Di altri, poi, si sa ben poco: un cognome, una breve citazione, un frammento di memoria e nulla più.
Tra questi ultimi possiamo certamente annoverare un giovane Sottotenente bolognese del quale, nelle opere più conosciute, non si menziona neppure il nome di battesimo.
Riprendendo la notizia da altre fonti, Alfio Caruso, nel suo “Tutti i vivi all’assalto” (Longanesi, 2003) parla ad esempio del Sottotenente Ferratini “…un ingegnere bolognese… che al momento della verità non si è scostato per un minuto dal proprio cannone” (che, in realtà, era l’obice da 75/13).

Ma chi era, esattamente, Paolo Ferratini?
Le uniche notizie precise, relative alla prima fase della sua vita militare, si debbono a Nilo Pes (1)
che nel volume Aosta ‘41”? C’ero anch’io, così scrive :
“FERRATINI PAOLO, 19.2.17, Bologna – Ingegnere – Rinuncia al rinvio e arriva al 3° a Gorizia – Aosta artiglieria – Scuola A.U.C. Lucca – Sottotenente al 2°, 32ª Batteria – Caduto in combattimento in Russia, a Nikolajewka, dilaniato da scheggia di mortaio”.
Sulla base di tali dati è stata chiesta copia dello stato di servizio al Ministero della Difesa, che tuttavia non è stato in grado di rintracciare il documento indicato.
Poi, fortunatamente, grazie ai familiari dello scomparso (e in particolare alla sorella, Dott.ssa Sofia Ferratini Vancini, che pubblicamente ringraziamo anche per le fotografie che corredano il presente articolo) è stato possibile ricostruire una prima biografia del Caduto.
La testimonianza del Gen. Lorenzo Valditara (2) e le notizie fornite dal Prof. Gian Paolo Brizzi (Università degli Studi di Bologna) ci hanno poi consentito di completare il quadro.
Ora ci è pertanto possibile rendere il dovuto onore a un giovane ufficiale dell’artiglieria alpina, eroicamente caduto a Nikolajewka.
Paolo Ferratini, di Giulio e Diamante Boriani, nacque a Bologna il 19 febbraio 1917 e dopo aver conseguito la maturità classica presso il Liceo Ginnasio “Luigi Galvani” si laureò presso l’ateneo bolognese in Ingegneria Civile (Sottosezione Trasporti) il 18 giugno 1940.
Educato in una famiglia che credeva nei valori tradizionali, il giovane Paolo, dopo aver superato l’esame di stato a Genova, volle condividere la sorte di tanti altri giovani che stavano onorando la divisa mettendo a repentaglio la propria vita.
Nonostante gli inviti alla prudenza, soprattutto da parte del padre, legale del Credito Romagnolo, la scelta di partire come volontario fu compiuta e la Scuola Centrale Militare di Alpinismo segnò la prima tappa di un destino che si sarebbe concluso tragicamente a Nikolajewka.

Lucca - Scuola Allievi Ufficiali di Complemento. A capo tavola il
principe Umberto di Savoia in visita agli allievi. Ferratini, seminascosto,
è il secondo da sinistra. Molto simpatica poi l'immagine dei cappelli
alpini ordinatamente tutti in fila.
Assegnato, come molti altri ingegneri, all’artiglieria alpina, Paolo Ferratini fu inviato alla Scuola A.U.C. (Allievi Ufficiali di Complemento) di Lucca. Nominato Sottotenente venne destinato alla 32ª batteria del Gruppo “Bergamo” ( 2° Reggimento Artiglieria Alpina), comandata dal Cap. Bruno Gallarotti (3) che in una testimonianza raccolta da Aldo Rasero nel suo “Tridentina avanti!” lo ricorderà come uno degli artiglieri caduti a lui più cari.
Raggiunse così Druento, in provincia di Torino, dove il suo reparto stava esercitandosi.

Di quel periodo è la foto che lo ritrae accanto ad un altro giovanissimo Sottotenente: il ventunenne Lorenzo Valditara, che così ci ha scritto in una lettera autografa del 20 marzo 2005 :

 

 

 


Druento -Torino. Il terzo da sinistra è Ferratini. L'ultimo,
sempre da sinistra, è il giovane sottotenente Lorenzo Valditara.

 

“Con Ferratini fummo assieme per tutto il periodo della marcia al Don e delle operazioni difensive sul fiume nonché nei combattimenti della ritirata fino a Nikolajewka, condividendo spesso la stessa tenda e, all’addiaccio, la stessa coperta”. (4)
A Nikolajewka Ferratini fu gravemente ferito durante l’assalto finale dell’abitato; trasportato dai suoi artiglieri in una isba fu curato, per quanto possibile, dal Ten. medico Alliani ma morì durante la notte. Lo seppellii, con l’aiuto di alcuni soldati, alla base del campanile della chiesa, che allora mi apparve come la maggiore del paese…
Al mio rientro in Italia, nell’aprile del ’43, andai a far visita alla madre, che trovai molto provata, com’era da aspettarsi”.
In precedenza, secondo quanto riferito dalla Dott.ssa Sofia Ferratini Vancini, il Comandante della 32ª batteria (l’allora Capitano Gallarotti) aveva comunicato personalmente alla famiglia il luttuoso evento.
Qualcuno potrebbe pensare – errando - che il sacrificio di Paolo Ferratini e dei suoi commilitoni sia stato purtroppo inutile. Così non fu, perché se Ferratini non fosse rimasto al suo posto come tanti altri, eroici e sconosciuti combattenti, inchiodando il nemico fino all’ultimo, tanti soldati italiani non sarebbero riusciti a venir fuori dalla sacca, a salvare la vita e a tornare in Italia.
Il giovane ingegnere bolognese non diede quindi soltanto prova di carattere e di spirito di sacrificio,
ma tradusse l’onore militare e l’eroismo in un supremo gesto d’amore, vissuto consapevolmente nel modo più autentico, alto e nobile: sacrificò se stesso, cadendo accanto al proprio obice, perché altri fratelli potessero uscire vivi da quell’immane tragedia che fu la campagna di Russia.
A conclusione della sua lettera il Gen. Valditara, ricorda i sentimenti che ha provato e che tutt’ora prova verso “quel bravo ufficiale” che lo onorò della sua amicizia.
Crediamo che la viva memoria lasciata da Paolo Ferratini ad oltre sessant’anni dalla sua scomparsa
valga più di una decorazione al valor militare.
Per parte nostra siamo lieti di poterlo ricordare accanto alle penne nere – spesso ingiustamente dimenticate - che immolarono la propria vita per onorare nel modo più degno la divisa, il cappello alpino e la Patria.


(1) Il Cav. Uff. Nilo Pes ha combattuto come Sottotenente del Btg. “Exilles” in Jugoslavia (1942-’43). Internato in Polonia e in Germania, ha raggiunto il grado di Capitano dopo un richiamo nel 1951. Capogruppo ANA di Vigonovo (PN) per 47 anni, autore di libri e di articoli, si considera il furiere dei “Ragazzi di Aosta 41”, di cui fece parte e dei quali continua meritoriamente a raccogliere e ad aggiornare i dati biografici

 

(2) In terra di Russia il Gen. Lorenzo Valditara conseguì una medaglia di bronzo al V.M. “sul campo” ed una promozione per merito di guerra. Comandò il 3° Reggimento Artiglieria da Montagna, la Brigata Alpina “Cadore” e il 4° Corpo d’Armata Alpino, concludendo la sua carriera come Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri.

 


 


(3) Il Gen. Bruno Gallarotti è figura ben nota nel mondo alpino. La figlia Sig.ra Clizia, con segnalazione  inviata il 6 novembre 2006, desidera giustamente ricordare che il padre fu decorato come Tenente nel 2° Rgt. Artiglieria Alpina di  due Croci di Guerra al  V.M.  (1940 e 1941) e come Capitano comandante la 32ª batteria del Gruppo “Bergamo” di  una  Medaglia d'Argento al V.M. (1943). Fra i prestigiosi incarichi da lui ricoperti rammentiamo il comando del 6° Reggimento Artiglieria da Montagna, della SMALP (Scuola Militare Alpina di Aosta), della Brigata Alpina “Tridentina” e del 4° Corpo d’Armata Alpino.

 



(4) I combattimenti misero a dura prova la pur granitica tenacia degli artiglieri, come ricorda l’allora Cap. Bruno Gallarotti nella sua testimonianza raccolta da Giulio Bedeschi e apparsa in “Fronte russo: c’ero anch’io” (vol. secondo): “Ricordate quel grido: “Avanti l’artiglieria ”, che tanto spesso si udiva? E l’artiglieria – la 32ª - andava avanti, si schierava allo scoperto e cominciava a sparare, mentre gli alpini si preparavano all’attacco. E poi li accompagnava col fuoco, mentre procedevano in mezzo alla steppa per raggiungere i loro obbiettivi”.