residenti illustri nel territorio bolognese romagnolo
Lo scrittore e
poeta alpino Piero Jahier
di Giuseppe Martelli
pubblicato il 1° ottobre 2004
Su
giornale “L’Alpino” del marzo 1951 nella rubrica – Lutti- compare la
notizia inviata dalla sezione bolognese romagnola, che
è deceduta a Bologna la signora Elena Jahier Rochat, moglie dello
scrittore e poeta alpino Piero Jahier. Alla notizia, alquanto curiosa,
mi sono chiesto – come mai a Bologna e quale relazione vi era fra
gli alpini bolognesi romagnoli ed il noto scrittore genovese da indurre
la sezione ad inviare questa notizia, normalmente riservata ai soci?
– Ovviamente ho reso partecipe e coinvolto l’amico e collaboratore
Mario Gallotta di Ferrara che in breve, raccogliendo appropriata documentazione,
è riuscito a darmi una risposta a questa curiosità storica dalla quale
è emerso che ha risieduto a Bologna per un lungo periodo, dal 1926
al 1951. Come mai allora, mi sono chiesto, il suo nome non compare
fino a quel momento in nessuna cronaca o notizia della sezione bolognese
romagnola?
Ma
andiamo con ordine….
Piero
Jahier, così conosciuto, ma che ha come nome di battesimo Pier Paolo,
era nato l’11 aprile 1884 a Genova da Enrico Piero e Giuseppina Danti.
Pochi anni dopo si trasferisce con la famiglia a Susa, in Piemonte,
dove è cresciuto ad una rigida educazione valdese, il padre era pastore
evangelico valdese. A Susa nel 1895 nasce suo fratello Enrico che
sarà un valoroso pluridecorato ufficiale del 7° Alpini nella Grande
Guerra. Per esigenze pastorali del padre è costretto ad un nuovo trasferimento,
questa volta a Firenze, dove continua gli studi teologici al Ginnasio.
Con l’improvvisa morte del padre, che pone la famiglia in grave difficoltà
economiche, si arrangia “vendendo” ai compagni i componimenti di italiano
verso i quali è particolarmente portato, ma questo non basta ed è
costretto a trovare lavoro. Assunto nelle ferrovie, riprende gli studi
presso l’Università di Urbino dove il 20 maggio 1911 si laurea in
Giurisprudenza, aprendogli così le porte alla carriera divenendo per
concorso Ispettore delle ferrovie. Incline alla letteratura collabora
a diverse riviste e scrive soprattutto su “La Voce” dove emergono
scritti degli intellettuali impegnati nella diffusione di principi
e valori morali. Compone anche numerose poesie pubblicate sulle riviste
“Lacerba”, “Riviera Ligure” e “Diana”. Il 10 agosto 1904 viene chiamato
alla visita di leva militare presso il Distretto di Genova (dove era
nato) e lasciato in congedo illimitato in quanto classificato di 3^
categoria. Con l’entrata in guerra dell’Italia nel maggio 1915, è
trentenne già sposato con Elena Rochat ed una figlia, il 19 agosto
viene iscritto d’ufficio per mobilitazione al Distretto di Firenze
e, per il suo titolo di studio, nominato Sottotenente della Milizia
Territoriale (reparti costituiti dalle classi più anziane e riformati)
con obbligo di prestare servizio di prima nomina presso il 7° Reggimento
Alpini. Il 29 febbraio 1916 giunge a Belluno, come commenterà, <..io
già ufficiale senza aver fatto un solo giorno di naja..>, con
l’incarico di comandante di plotone “reclute”.
La firma autografa sullo Stato di Servizio
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Promosso
Tenente il 28 giugno 1917, dal 30 ottobre viene trasferito al Battaglione
di Marcia mobilitato, sempre del 7° Alpini, formata da ospedalizzati
guariti e reduci da battaglioni disciolti, ai quali, come ricorderà,
<..bisogna rifar loro l’amore. Persuaderli al secondo o terzo
coraggio, al secondo o terzo sacrificio..>. Dal 15 gennaio
1918 passa provvisoriamente al battaglione “Monte Pasubio” del 6°
Alpini e dal 23 febbraio, pur mantenendo lo status di ufficiale degli
alpini, transita al Comando della 9ª Divisione di fanteria poi dal
15 ottobre a quello della 1ª Armata. Questo è il suo unico periodo
di effettiva presenza sul campo di battaglia, anche se con incarico
di ufficio, come risulta dall’encomio ricevuto dal Comandante del
X° Corpo d’Armata che gli concede anche una croce al merito di guerra,
da non confondere con quella al valore, con la quale gli viene riconosciuto
un periodo di servizio in zona di guerra. Il 20 giugno 1919, (la guerra
si è conclusa il 4 novembre 1918), rientra al deposito del 7° Reggimento
Alpini ed il 12 luglio è collocato in congedo definitivo. Rientra
quindi a Firenze alla sua professione e riprende la sua passione di
scrittore dirigendo fra l’altro il giornale “Nuovo Contadino”. La
sua notorietà, già conosciuta in tempo di guerra per il suoi articoli
sul giornale di trincea “L’Astico”, ma anche prebelliche, nel 1915
era uscito il suo primo libro
Il
suo primo libro edito nel 1915, “Resultanze in Merito alla Vita e ...
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“Resultanze
in Merito alla Vita e al carattere di Gino Bianchi”, satira del clima
e della sua esperienza di impiegato delle ferrovie, raggiunge il massimo
quando nel 1919 vengono pubblicati altri due suoi libri “Ragazzo”,
autobiografia della sua gioventù, e quello che lo consacrerà immediatamente
fra i più noti scrittori di guerra “Con me e con gli Alpini” scritto
durante l’esperienza di “comandante” di un reparto alpino. Questa
notorietà induce lo stesso Mussolini ad offrigli il posto di redattore
capo del giornale < Il Popolo d’Italia > che disdegna essendo
lui un convinto antifascista. Per queste sue idee, espresse pubblicamente
e che lo vedono fra i presenti a rendere omaggio alla salma di Giacomo
Matteotti, bastonato a morte dai fascisti nel 1924, ha vita dura a
Firenze. Nel 1925 una seconda laurea in Lettere presso l’Università
di Torino, ma anche “l’obbligo” (per le sue idee politiche) al trasferimento
come Ispettore presso le ferrovie a Bologna. Per completare questo
suo “confino”, dal 3 aprile 1926 anche la sua posizione militare viene
trasferita al Distretto militare di Bologna e nel suo Stato di Servizio
si legge (con ironia) < E’ inserito fra gli indispensabili del
proprio Distretto >, che significa “esonerato dal servizio militare”.
Dal 6 ottobre 1927 è comunque iscritto d’ufficio nel ruolo degli ufficiali
di complemento ed il 10 dicembre 1933 è invitato a presentarsi al
Distretto militare di Bologna alla chiamata di controllo. Dal 24 marzo
1934 è ufficialmente < dispensato dal richiamo alle armi per mobilitazione
> e l’anno successivo nella nota che chiude il suo Stato di Servizio
si legge:
<
Capitano in detto, con anzianità 1 marzo 1935 >.
A
questo punto, alla mia curiosità, la risposta è chiara.
Le
diverse idee politiche emarginavano!
Pur
dovendo rinunciare alla sua aspirazione di scrivere liberamente, amareggiato
ed ostacolato anche nella sua professione, non rinuncia alle sue idee
e negli anni della seconda guerra mondiale, con particolare impegno
dopo la caduta del fascismo, incoraggia i giovani ferrovieri all’azione
clandestina nella lotta contro il nazifascismo. Con il primo bombardamento
di Bologna del 25 settembre 1943 da parte degli Alleati mirato a distruggere
la stazione ferroviaria, viene distrutta anche la sua casa ed è costretto
a vivere da sfollato a San Pietro in Casale da dove ogni giorno fa
la spola in bicicletta per raggiungere la Direzione delle ferrovie,
ed anche qui entra in rapporto con le locali formazioni partigiane
ed in particolare con il loro comandante Marcello Zanetti. Il nome
di Piero Jahier è inserito nel libro che ricorda < Gli antifascisti,
i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese > edito nel
1986 dal Comune di Bologna – Istituto per la storia di Bologna.
Nel
febbraio 1951 muore a Bologna la moglie Elena e questa volta gli alpini
bolognesi romagnoli sono liberi di ricordarne la figura di scrittore
e poeta “Gli amici alpini si stringono a lui in questa ora di dolore
e gli porgono vive condoglianze”, pubblicando la notizia sul giornale
“L’Alpino”. Il 10 settembre dello stesso anno, pensionato, rientra
a Firenze dove muore il 18 novembre 1966.
Il 2 agosto
1974 viene istituita a Bologna Via Piero Jahier – Scrittore.
Piero Jahier, a sinistra, durante la grande guerra.
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Jahier in una delle sue ultime immagini.
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Il
libro edito nel 1967 da Vallecchi
Editore, Firenze, che
raccoglie le due opere:
<
Ragazzo >
<Con
me e con gli alpini>
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Note
– L’esatta ricostruzione delle note militari è tratta dallo Stato
di Servizio, gentilmente concesso dallo Stato Maggiore dell’Esercito
per interessamento dell’amico Mario Gallotta di Ferrara, che ha anche
collaborato all’acquisizione di altri documenti biografici.
aggiornamento inserito il 15 maggio 2014
Fra le curiosità rintracciate sulla vita di Piero Jahier, vi è quella legata in qualche modo al titolo del nostro giornale sezionale "Canta...che ti Passa", già ricordato da Mario Gallotta nel suo articolo dedicato alla "nascita" del nostro giornale sezionale.
L'espressione < canta che ti passa > formulata in chiave ironica, è di solito un invito a superare noia, timori o preoccupazioni incombenti attraverso il canto. L'espressione pare sia stata incisa sulla parete di una trincea durante la Prima Guerra Mondiale e riportato da un soldato il cui nome diventerà ben noto: si tratta appunto dell'ufficiale degli alpini Piero Jahier. La trascrisse come epigrafe di una raccolta: "Canti del Soldato" curati con lo pseudonimo di Pietro Barba e pubblicati nel 1919.
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