il Gen. Ivo Levi in
divisa di
Vice Comandante
Arma dei
Carabinieri |
Il 6 maggio 2004 fu una data storica per l’ Arma dei Carabinieri. In tale giorno il Generale di Corpo d’Armata Luciano Gottardo prese il posto del pari grado Guido Bellini (proveniente dal Genio) e divenne il primo comandante generale espresso dalla “Benemerita”. Fino ad allora la normativa prevedeva infatti che il “numero uno” dei Carabinieri dovesse essere un “esterno”, consentendo ai Carabinieri, come massimo traguardo raggiungibile, la nomina a vice-comandante.
E tale obiettivo fu raggiunto dal Generale di Divisione Ivo Levi, che ricoprì l’incarico di “numero due” dal 24 maggio 1955 al 30 dicembre 1957.
Di Ivo Levi, fino a poco tempo fa, ben poco si sapeva. Le scarne notizie ufficiali lo indicavano come originario di Ferrara ed il suo nome era citato in alcuni testi fra gli amici di Italo Balbo.
Folco Quilici in “Tobruk 1940” ricorda che ad Ivo Levi la famiglia Balbo affidò il compito di istruire una contro-inchiesta sulla morte del Maresciallo dell’Aria. Mentre Ilaria Pavan, nel suo libro “Il podestà ebreo”, dedicato a Renzo Ravenna, riporta la testimonianza di Ivo Levi (erroneamente indicato come “comandante generale dell’arma dei carabinieri”) circa l’encomiabile comportamento di Balbo nei suoi confronti.
Altre notizie rilevanti non erano note. Soprattutto non si sapeva che Ivo Levi, prima di transitare nell’Arma dei Carabinieri (1917) avesse partecipato al primo conflitto mondiale come ufficiale degli Alpini (8° Reggimento - Battaglione “Gemona”) (1). E neppure che fosse stato distaccato presso il Ministero dell’Aeronautica dal 1929 al 1934 su evidente indicazione di Italo Balbo (2) - come confermato dalle recenti ricerche svolte da Giuseppe Martelli, ideatore e curatore di questo sito - che subito dopo ottenne il trasferimento in Libia dell’amico Levi, con il quale partecipò - aggiungiamo noi - alla grande adunata nazionale degli Alpini svoltasi a Tripoli dal 17 al 23 marzo 1935.
Il merito di avere riscoperto la figura di questo ferrarese dimenticato deve essere ascritto ad un valente giornalista, Aldo Viroli, che ringraziamo per averci concesso di riportare integralmente l’articolo sotto riportato, pubblicato su “La Voce di Romagna” in data 1° dicembre 2008.
Un articolo che illustra con dovizia di particolari la tormentata biografia del Generale Ivo Levi, che onorò la penna nera, gli alamari e la sua città d’origine, rimanendo fedele a uno Stato che certamente lo fece soffrire anche se - grazie al cielo - seppe chiedergli scusa, consentendogli di terminare la carriera con i meritati (e più che dovuti) onori.
Ivo Levi e la morte di Balbo
Storia di un’antica e fraterna amicizia
La pagina originale
dell'articolo
di Aldo Viroli. |
Con il suo libro “I soldati ebrei di Mussolini” edito da Mursia, Giovanni Cercini affronta un aspetto finora poco conosciuto: gli effetti delle leggi razziali sui militari ebrei. Tra le persone colpite dai provvedimenti c’è anche l’allora tenente colonnello dei carabinieri Ivo Levi, già comandante la Tenenza di Forlì’, che nel 1955 diventerà vice comandante generale dell’Arma. Nato a Ferrara, Levi era amico di antica data di Italo Balbo (erano stati entrambi alpini), che dopo il congedo forzato dall’Arma lo terrà con sé in Libia affidandogli sempre incarichi estremamente delicati, e dell’avvocato Renzo Ravenna (3), per dodici anni podestà di Ferrara. A Ivo Levi, scrive Folco Quilici in “Tobruk 1940 – La vera storia della fine di Italo Balbo”, la famiglia del maresciallo dell’aria darà l’incarico di seguire l‘inchiesta sulla morte del congiunto. Nello Quilici, direttore del Corriere Padano e padre di Folco, era a bordo dell’aereo su cui volava Balbo, all’epoca governatore della Libia, abbattuto per errore dalla contraerea italiana nel cielo di Tobruk il 28 giugno 1940. Levi era stato congedato per effetto del Regio decreto legge 22 dicembre 1938, n. 2111 (convertito il 2 giugno 1939 in legge n. 739), “Disposizioni relative al collocamento in congedo assoluto ed al trattamento di quiescenza del personale militare delle Forze armate dello Stato di razza ebraica”, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 30 del 6 febbraio 1939. La norma in questione collocava in congedo assoluto a partire dal 1° gennaio 1939 tutti i dipendenti di razza ebraica delle Forze Armate, della Guardia di Finanza e della Milizia.
Teoricamente, spiega Cercini, questa legge avrebbe dovuto valere solo per i non discriminati in base all’articolo 14 dei “Provvedimenti per la difesa della razza”, ma all’atto pratico il regime la attuerà disinvoltamente per tutti i militari ebrei, tranne pochissime eccezioni, senza distinzione di grado, anzianità, meriti e decorazioni. La logica dei congedi era tutta legata al fatto che anche generali e ammiragli erano considerati semplici dipendenti statali, per i quali la legge non faceva eccezioni, tanto meno per i discriminati. Le uniche garanzie concesse ai futuri congedati, spiega Cercini, erano di natura economica. Si basavano sulla quiescenza e l’indennità, relativamente alla maturazione dei diritti dei singoli, in base al loro grado e anzianità, “fino al raggiungimento del diritto di pensione”. Una consolazione davvero magra per un numero ragguardevole di validi e fedeli militari, “colpevoli” di appartenere ad una tradizione cultural-religiosa diversa e per questo considerati da un giorno a un altro sospetti e di razza inferiore.
Ivo Levi, figlio di Enrico, nasce a Ferrara il 14 marzo 1894.
L’avvocato Paolo Ravenna, figlio di Renzo, ritiene che i rapporti tra il padre e Levi risalgano ai tempi dell’adolescenza, erano infatti quasi coetanei, e mette in risalto la fedeltà di Balbo verso le amicizie di origine ferrarese. Il maresciallo dell’aria, quando veniva a Ferrara, non aveva problemi nel farsi vedere camminare per il centro delle città con l’amico Renzo, costretto alle dimissioni forzate da podestà. Quando la situazione per gli ebrei precipiterà, Renzo Ravenna assieme alla famiglia riuscirà a raggiungere la Svizzera nel novembre 1943, dove arriverà anche Levi. Dal libro di Liliana Picciotto “I Giusti d’Italia” si apprende che Levi ha rilasciato dichiarazione per la signora Angela (Lina) Crippa Leoni, divenuta “Giusta”. E’ stata lei ad aiutarlo a raggiungere la Svizzera. Il nome di Ivo Levi, seguito dalla data di nascita, appare nell’elenco degli italiani accolti in Svizzera per “motivi politico razziali” pubblicato da Renata Broggini nel suo libro “La frontiera della speranza” edito da Mondadori. Paolo Ravenna crede di aver incontrato Levi durante la permanenza in Svizzera, dove c’erano campi per militari e civili. E’ probabile che Levi, una volta raggiunta la vicina Confederazione, abbia rivendicato l’identità militare. Nel dopoguerra, ricorda l’avvocato, Levi e suo padre si scrivono e si vedono. Nell’archivio dello studio Ravenna sono conservate diverse lettere, in una l’ufficiale chiede all’amico avvocato un consiglio per il fratello, altre sono semplici saluti o auguri.
Ed ecco come si è sviluppata la carriera militare di Ivo Levi, i dati sono stati forniti dall’Ufficio storico del Comando generale dell’Arma dei carabinieri.
Cartolina storica della Legione
Territoriale Carabinieri Reali di Bologna |
Frequenta la Scuola Militare dal 10 novembre 1913 al 21 marzo 1915, data in cui viene nominato sottotenente e destinato all’8° Reggimento Alpini. Il 13 Aprile 1916 viene promosso tenente ed in data 22 febbraio 1917 transita nell’Arma dei carabinieri venendo destinato alla Legione di Bologna, e precisamente alla Tenenza di Forlì. Partecipa alla Grande Guerra in territorio nazionale e quindi viene trasferito prima alla Legione Verona - Tenenza di Udine, poi presso la Legione Napoli ed infine alla Legione Firenze. Promosso capitano il 29 agosto 1919, presta servizio nella Legione Allievi e nella Legione Cagliari per poi essere posto a disposizione del Ministero dell’Aeronautica dall’8 febbraio 1929 sino a dopo la promozione al grado di Maggiore avvenuta il 14 febbraio 1930.
Adun. Naz. Alpini a Tripoli marzo 1935, l'arrivo del Labaro
nazionale
scortato
a destra dal Comandante on. Manaresi (di Bologna)
ed a sinistra,
l'ufficiale
d'ordinanza dei Carabinieri Reali
sembra
proprio essere
il Maggiore Ivo Levi.
|
Dopo la cessazione del servizio presso il Ministero dell’Aeronautica (febbraio 1934), viene trasferito alla Legione Roma e successivamente al Regio corpo truppe coloniali della Tripolitania. Promosso Tenente Colonnello il 17 agosto 1935, continua a prestare servizio in Africa Settentrionale sino al 6 febbraio 1939, data del suo collocamento in congedo per motivi razziali. Riammesso nei ruoli, con lo stesso grado, l’8 febbraio 1945 viene destinato al Raggruppamento Battaglioni Mobili di Milano, nel quale è confermato con la promozione a Colonnello avvenuta il 3 maggio 1946. Il 25 marzo 1947 viene trasferito al comando della Legione di Bolzano.
Promosso Generale di Brigata il 3 marzo 1950, assume il comando della Prima Brigata carabinieri di Torino ed il 1° ottobre 1952 viene destinato per incarichi speciali al Comando generale dell’Arma. Promosso generale di Divisione, comanda la Terza Divisione carabinieri “Ogaden” (novembre 1952) e successivamente la Prima Divisione “Pastrengo” (25 agosto 1953). Trasferito, il 24 maggio 1955, al Comando generale, assume la carica di vice comandante generale sino al 30 dicembre 1957. Dal 15 marzo 1958 viene collocato in ausiliaria per limiti di età, continuando a permanere in servizio al Comando generale con incarichi speciali. L’11 gennaio 1963 gli viene conferito il grado di generale di Corpo d’armata ed il 14 febbraio 1966 è collocato in congedo.
Ed è proprio nel momento in cui Levi deve lasciare suo malgrado l’Arma che il maresciallo dell’aria gli conferma tutta la propria stima ed amicizia.
“Quando fui collocato a riposo, Balbo stesso si occupò di trovarmi a Tripoli una sistemazione presso un società italo-araba. Fu lui che continuò a invitare me e mia moglie ai vari ricevimenti che avevano luogo nella sede del Governatorato. Poiché, per riguardo, avevo ritenuto di astenermene, un giorno incontrandomi sul corso principale di Tripoli, tra le 11 e le 12, ora del maggiore affollamento, mi prese a braccetto e percorremmo assieme tutta la strada”. Questa la testimonianza rilasciata dal generale Levi a M. Michaelis, autore di un saggio su Balbo, riportata da Ilaria Pavan nel suo libro “Il podestà ebreo”, edito da Laterza.
Scrive Gregory Alegi, storico dell’Aeronautica in “Radiografia di una tragedia”, il saggio pubblicato in “Tobruk 1940”, che dopo l’abbattimento dell’aereo su cui volavano Balbo, Quilici ed altre sette persone, la famiglia del maresciallo, che come nutriva dubbi e perplessità sulla dinamica dei fatti, chiederà al fraterno amico Levi di effettuare una verifica privata delle risultanze dell’inchiesta. L’ufficiale confermerà tutta la ricostruzione ufficiale, lasciando la famiglia ampiamente convinta. Del resto, come scrive Quilici nel capitolo dedicato al sopralluogo nel deserto dove venne ritrovato l’aereo abbattuto con i resti dei suoi occupanti, Balbo se fosse sopravvissuto, avrebbe certamente ordinato un’inchiesta per appurare le responsabilità di chi aveva ritenuto nemici due aerei ben riconoscibili come nazionali, e di quell’inchiesta avrebbe certamente incaricato Levi, da lui riassunto come collaboratore personale, in borghese, all’ombra dei Servizi. Invece a Levi toccherà l’amaro compito di raccogliere i verbali con le varie versioni dei comandi militari su quanto tragicamente accaduto e fornirli come dossier alla famiglia Balbo. Il 29 giugno, dunque il giorno dopo l’abbattimento dell’aereo, il generale Mario Berti, comandante della X Armata, aveva affidato al generale Enrico Pitassi Mannella, comandante del XXII Corpo d’armata, un’inchiesta per “meglio lumeggiare le cause del fatale errore”. Di questo lavoro, scrive Gregory Alegi, trasmesso il 7 luglio al nuovo comandante superiore Rodolfo Graziani, Levi era riuscito a ottenere una trascrizione ufficiosa su fogli non intestati, privo dei regolamentari timbri e non esente da errori dattilografici. Tutto il materiale era stato consegnato alla famiglia Balbo.
E’ probabile che subito dopo la morte di Balbo, Ivo Levi sia tornato in Italia. Nel suo libro “Ebrei in Romagna”, Longo Editore Ravenna, Gregorio Caravita dà notizie di Ivo Levi, tenente colonnello dei carabinieri, domiciliato a Milano e sfollato a Riccione in viale Dante 21, razza ebraica discriminato. Allontanatosi da Riccione per ignota destinazione. Non beni, ricerche per fermo. I dati provengono da una relazione della Questura di Forlì del 16 dicembre 1943. Da Riccione l’ufficiale era riuscito a raggiungere Milano e grazie alla professoressa Angela (Lina) Leoni riuscirà a raggiungere la Svizzera. La donna aiutò numerosi ebrei a mettersi in salvo, scoperta verrà arrestata e detenuta a San Vittore e successivamente deportata a Mauthausen, da dove tornerà fortemente debilitata. Nel 1978 lo Yad Vaschem riconoscerà Lina Crippa Leoni “Giusta tra le nazioni”, grazie anche alla testimonianza resa dal generale Levi.
Queste le decorazioni, onorificenze e ricompense ottenute dall’alto ufficiale nel corso della sua prestigiosa carriera. I dati vengono dall’Ufficio storico del Comando generale dell’Arma.
Croce al Merito di Guerra - 20 luglio 1919;
Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia - 17 aprile 1930;
Medaglia di Bronzo al Merito della Sanità Pubblica - 3 novembre 1932;
Encomio Solenne - 19 dicembre 1933;
Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - 8 febbraio 1934;
Croce d’Oro per Anzianità di Servizio - 1 giugno 1934;
Encomio - 15 maggio 1935;
Encomio - 16 maggio 1935;
Cavaliere dell’Ordine Coloniale della Stella d’Italia - 19 settembre1935;
Cavaliere Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia - 9 gennaio 1936;
Medaglia d’Argento al Merito di Lungo Comando di Reparto - 13 maggio 1935;
Ufficiale dell’Ordine Coloniale della Stella d’Italia - 16 luglio 1936;
Encomio - 1937;
Encomio - 16 marzo 1937;
Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia - 30 giugno 1937;
Encomio 21 maggio 1938;
Medaglia Commemorativa per le Operazioni Militari in A.O. - 1 gennaio 1938;
Croce d’Oro per Anzianità di Servizio Militare - 10 febbraio 1949;
Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana - 30 Dicembre 1952;
Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana - 2 giugno 1955;
Medaglia Mauriziana al Merito di Dieci Lustri di Carriera Militare - 4 giugno 1957.
Il generale Levi è deceduto a Roma il 9 aprile 1966.
Aldo Viroli – “La Voce di Romagna” - 1° dicembre 2008
(1) Il Battaglione alpini "Gemona" opera durante il primo periodo della guerra in Val Dogna nell'alta Carnia, dove si distingue in particolare nell'azione di conquista della Forcella Cianalot (28-30 luglio 1915). Fra le curiosità degne di nota, il Tenente Levi ritrova fra i comandanti di compagnia il romagnolo nativo di Cesena Capitano Carlo Mazzoli.
(vedi biografia al link mazzoli carlo)
(2) Italo Balbo, carissimo amico e concittadino, già Tenente dell'8° alpini nella guerra 1915-'18, dal dicembre 1934 Governatore della Libia. A Tripoli accoglie la 16ª Adunata Nazionale degli alpini. Si ritiene che lo stesso Balbo abbia personalmente richiesto come collaboratore, prima presso il Ministero dell'Aeronautica (di cui è titolare dal 1929), poi presso il governatorato a Tripoli, il commilitone - nel frattempo promosso Maggiore dei Carabinieri Reali - Ivo Levi.
(3) Renzo Ravenna, avvocato e carissimo amico e concittadino, già Tenente di Artiglieria da Montagna nella guerra 1915-'18, poi podestà (sindaco) di Ferrara dal 1926 al 1938.
Si ringrazia l’Ufficio Storico dell’Arma dei Carabinieri, nella persona del Capo Ufficio Col. t. SFP Francesco GOSCIU, che ci ha cortesemente inviato l’estratto dello stato di servizio del Gen. Levi, unitamente alla foto che pubblichiamo a corredo del presente articolo.
aggionamento inserito il 1° settembre 2018
di Giuseppe Martelli
Questo inedito documento è il suo Ruolo Matricolare ritrovato nel corso di mie recenti ricerche. Nel ruolo, compilato il 10 novembre 1913 all'atto della visita di leva presso il Distretto Militare di Ferrara del coscritto Levi Ivo, classe 1894, matricola 28277, sono indicate le notizie anagrafiche e annotate le caratteristiche fisiche che, a giudizio della commissione giudicatrice, servivano per confermare l'idoneità al servizio militare.