rassegna stampa da L’ALPINO
periodico dell’Associazione Nazionale Alpini
l’eroica
azione degli alpini dei battaglioni “Piemonte” e “L’Aquila”
per
la liberazione di Bologna
del Gen. C.A. Galliano Scarpa già comandante del Reggimento
fanteria speciale “Legnano” *
pubblicato il 15 novembre 2010
testo trascritto da Giuseppe Martelli
dalla propria collezione cartacea de L'ALPINO
L’ALPINO
ha portato la bella notizia che la nostra tradizionale ed annuale
adunata per il 1969 avrà luogo a Bologna per un complesso di validissimi
motivi, geografici, logistici, artistici e storici, e fra questi
ultimi, l’opportunità di ricordare gli alpini dei battaglioni
“Piemonte” e “L’Aquila” del Reggimento speciale “Legnano”, che
diedero il loro contributo di sangue e di valore alla liberazione
della città, dove entrarono tra i primi all’alba del 21 aprile
1945 accolti con delirante esultanza dalla patriottica popolazione
emiliana. Erano gli alpini del vecchio e forte Piemonte e della
generosa terra d’Abruzzo, che, fedeli alla bandiera ed alle istituzioni
in vigore, avevano risalito in armi la Penisola duramente combattendo
da Monte Marrore a Bologna.
L’A.N.A.,
ricordando e onorando tali battaglioni, intende sicuramente ricordare
tutti gli alpini che rimasti saldi nei loro ranghi, nelle fatali
giornate dell’8 settembre 1943 e periodo successivo, hanno aspramente
e valorosamente combattuto al Valico del Moncenisio, nell’Alto
Adige, nel Tarvisiano, nella Valle dell’Isonzo, nella zona di
La Spezia, in terra di Francia, nella Balcania, dove alpini ed
artiglieri alpini, riuniti nella divisione “Garibaldi”, contribuirono
validamente alla liberazione del Montenegro e della Serbia. In
Italia, dopo le giornate che seguirono la dichiarazione di Armistizio,
che avevano visto tanti episodi tenaci ed epiche resistenze, la
lotta veniva ripresa, a fianco delle truppe alleate, con l’intervento
del Raggruppamento Motorizzato nella vittoriosa battaglia dell’8
dicembre 1943 a Montelungo.
31 marzo 1944. Gli alpini del “Piemonte” iniziano
la scalata di Monte Marrone
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Pochi
giorni dopo la successiva trasformazione del Raggruppamento Motorizzato
vede fra i suoi nuovi reparti i battaglioni alpini “Monte Granero”
e “Piemonte”. Dopo un breve periodi di orientamento operativo,
il 19 marzo 1944, il battaglione “Piemonte”, con una operazione
a carattere spiccatamente alpino, attacca, conquista e mantiene
saldamente l’importante posizione di Monte Marrone, suscitando
l’ammirazione degli Alleati.
Dopo
tale nuova e positiva prova, il Raggruppamento amplifica ancora
la sua struttura operativa raggiungendo la forza di oltre 25.000
uomini ed assume il nominativo di Corpo Italiano di Liberazione
(C.I.L.).
Nel
mese di maggio il C.I.L., con vigorose e vittoriose spallate,
alle quali partecipano gagliardamente i battaglioni alpini, occupa,
nella zona delle Mainarde: Monte Mare, Monte Cavallo e Monte Marrone
ed altre importanti posizioni.
Chiusa
questa fase operativa delle Mainarde, il C.I.L. si trasferisce
nel settore Adriatico, in attesa dell’ormai imminente ripresa
offensiva verso il Nord. Offensiva che iniziata con la liberazione
di Orsogna, Guardiagrele, Popoli e Chieti, si trasforma e si sviluppa
in quella galoppata eroica che porta, attraverso il superamento
vittorioso di successive, tenacissime resistenze nemiche, alla
liberazione di Teramo, Ascoli Piceno, Macerata e Jesi, dove entrano
per primi gli alpini del “Piemonte” e che si conclude infine sulle
sponde del Metauro, ai margini meridionali della linea gotica.
Terminato
questo ciclo operativo, i Comandi Alleati, ben convinti della
capacità combattiva e del valore degli italiani, consentono l’impiego
di cinque nostre divisioni denominate Gruppi di Combattimento,
e che in effetti erano le già esistenti divisioni Cremona, Friuli,
Mantova e le divisioni Folgore e Legnano, nate dallo sdoppiamento
del C.I.L.
Tra
il gennaio e la fine di febbraio i Gruppi di Combattimento Cremona,
Friuli e Folgore si schierano nel settore dell’8^ Armata Inglese,
lungo la cimasa Costiera Adriatica e a cavallo della via Emilia,
mentre la Divisione Legnano si inserisce nella 5^ Armata Americana,
occupando i contrafforti appenninici tra il torrente Zena ed il
torrente Quaderna e la Divisione Mantova, in seconda schiera,
nella zona di contatto fra le due Armate.
“lezione sul campo”. Si noti che l’ufficiale in primo piano
porta
sul braccio il distintivo della “Legnano”
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In
questo quadro operativo globale, il reggimento speciale della
Legnano, è schierato a cavallo della Valle Idice, fra Monte Zanarello
e Monte Ceresa, con i battaglioni alpini “Piemonte” e “L’Aquila”
in 1° scaglione e il battaglione bersaglieri “Goito” in 2° scaglione,
nella zona di Baccanello in posizione centrale rispetto alla prima
linea.
Le
condizioni di vita dei reparti alpini dislocati su posizioni,
avute in consegna dal 363° Reggimento di fanteria americano, completamente
scoperte e dominate da quelle tedesche, non erano facili. Il nemico
quasi tutte le notti, con forti pattuglioni, dopo preventivi e
violenti concentramenti di fuoco di mortai e di Nivel Werfer,
tentava di sorprendere i nostri alpini, ma invano.
I
veterani del “Piemonte” e i <bocia> dell’“Aquila” attendevano
i pattuglioni del nemico a pié fermo e con sprezzo del pericolo
ammirevole reagivano con contrassalti e lancio di bombe a mano
alle minime distanze, respingendoli sempre nettamente e causando
loro forti ed aspre perdite.
In
questa fase difensiva, da parte nostra quasi ogni notte, pattuglie
dei due battaglioni, sfidando le insidie dei campi minati e le
rabbiose reazioni di fuoco nemiche, premevano costantemente sull’avversario
per scoprire i particolari della sua organizzazione difensiva;
le postazioni delle armi e l’esatta ubicazione dell’ostacolo attivo
e passivo, in vista dell’azione della ormai prossima primavera.
In
una di queste rischiose e non facili azioni cadde eroicamente
il Maggiore AUGUSTO DE COBELLI (1), comandante del battaglione
“L’Aquila”, alla cui memoria venne concessa la Medaglia d’Oro
al valor militare e la massima ricompensa al valor militare degli
Stati Uniti.
Val
Idice 19 aprile 1944, il fuoco di artiglieria in appoggio
all’attacco sferrato
dagli alpini
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Finalmente
il 19 aprile (1944) giunge l’ordine della tanto attesa offensiva
finale e ai due battaglioni alpini vengono rispettivamente i seguenti
obiettivi: al “Piemonte” la conquista del formidabile caposaldo
incavernato di quota 363, posizione chiave della difesa nemica
sul contrafforte tra la Val Zena e la Val Idice, ed all’“Aquila”
la conquista del caposaldo di quota 160° e lo scardinamento dello
sbarramento di fondo valle.
Le
violenti reazioni di fuoco nemiche, al primo apparire delle nostre
pattuglie avanzate, confermano che la posizione di resistenza
avversaria è ancora integra e saldamente presidiata e che occorre
procedere con attacco metodico e poderoso se si vuole sloggiare
il nemico dalle sue ben munite posizioni. Le massicce e ripetute
azioni della nostra artiglieria e di quella alleata, che da più
giorni si susseguono con intensità eccezionale, effettuando martellamenti,
azioni di spianamento e di interdizione vicina e lontana, non
hanno ancora scosso sufficientemente la difesa, che continua a
mostrarsi in piena efficienza, vigile ed attiva. Prima di far
uscire all’attacco le Compagnie avanzate del “Piemonte” e dell’“Aquila”,
rispettivamente verso gli obiettivi di quota 363 e dello sbarramento
di fondo Val Idice, viene richiesta un’azione di artiglieria di
preparazione immediata, che dovrà sfumare in appoggio per accompagnare
in modo serrato e ravvicinatissimo l’avanzata degli alpini. Era
assolutamente necessario realizzare quel sincronismo tra fuoco
di artiglieria ed il movimento degli alpini, che solo poteva darci
il successo, risparmiando, nei limiti del possibile, preziose
vite umane. Il gioco di manovra fra reparti fucilieri e l’artiglieria
è perfetto e gli alpini procedono sereni e decisi fino ad una
trentina di metri dal ciglio tattico della posizione nemica, da
dove, con un assalto che rimarrà memorabile, irrompono sul nemico
contemporaneamente agli ultimi colpi dell’artiglieria, conquistando
le posizioni e catturando l’intero presidio.
Ed
ecco il giudizio espresso, in un suo eloquente Ordine del Giorno
da quel magnifico comandante della Divisione Legnano, che fu il
Generale Utili, alla sera del giorno 19 aprile < Gli alpini
sono stati meravigliosamente tempisti, partendo all’assalto le
finte ripetute avevano indotto il nemico a rintanarsi nei ricoveri
per sfuggire agli effetti di un fuoco potente e preciso. Sono
scattati in sincronismo perfetto con il gioco delle traiettorie,
coronando il ciglio delle posizioni nemiche con le ultime granate,
compatti, decisi, sicuri. Sono piombati sui tedeschi di sorpresa
con impeto veemente e li hanno sopraffatti nel corpo a corpo.
Hanno spazzato con slancio fulmineo tutta la profondità della
posizione. Hanno stroncato sul margine Nord deboli conati di contrattacco.
In forse mezz’ora, il caposaldo di quota 363, che appariva così
formidabile, era crollato lasciando nelle nostre mani un centinaio
di prigionieri, fra cui il Comandante della posizione, e abbondantissimo
bottino >.
Oltre
i prigionieri, il bottino di questo superbo combattimento comprendeva
22 mitragliatrici pesanti, 25 armi automatiche, 26 mortai da trincea
e pezzi controcarro.
Il
successo di questa azione ha significato la rottura del fronte
nemico proprio nel punto di saldatura tra due armate tedesche
e lo scardinamento contemporaneo dello sbarramento nemico in Val
idice, apre un varco, che non potrà più essere chiuso, sulla via
di Bologna, che finalmente libera, all’alba del 21 aprile, vedrà
sfilare per le sue storiche vie, gli alpini e i bersaglieri del
Reggimento speciale, gli arditi del IX battaglione d’assalto,
i fanti ed i granatieri della Friuli assieme ai valorosi camerati
americani e polacchi.
Quale
vecchio comandante del reggimento Speciale della “Legnano”, sento
il dovere di chiudere questa mia invero troppo succinta rievocazione,
rivolgendo il mio pensiero riverente e commosso alle Medaglie
d’Oro Maggiore Augusto de Corbelli e Sergente Maggiore Luigi Sbaiz
ed a tutti i nostri eroici Caduti, che segnarono, con il proprio
sangue generoso, le tappe della nostra marcia vittoriosa.
sulla sinistra, l’ingresso sfilata degli alpini a Bologna
il mattino del 21 aprile 1945.
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Ai
Comandanti di battaglione. Ten. Col. Briatore, Ten. Col. Sampò,
Maggiore Rossetti, Maggiore Guercio, al mio Aiutante Magg. Maggiore
Rasero, a tutti i Comandanti di compagnie e subalterni dei battaglioni
alpini “Piemonte” e “L’Aquila” e del battaglione bersaglieri “Goito”
a tutti i sottufficiali, graduati, alpini e bersaglieri, che con
tanto valore e tanti sacrifici, riportarono al sole della vittoria
il tricolore della Patria, giunga il mio più affettuoso ricordo
e l’espressione della mia più viva ed imperitura riconoscenza.
Pubblicato
sul giornale associativo dell’A.N.A. L’ALPINO n° 2 febbraio 1969.
*Galliano
Scarpa, nato a Portogruaro, ufficiale in servizio permanente effettivo
da Sottotenente a Generale di Corpo d’Armata. La sua carriera
inizia come sottotenente all’8° Reggimento Alpini nella guerra
1915-18. Tenente nel 1917 al Btg. Sciatori “Marmolada” del 7°
Alpini viene decorato di una di medaglia di bronzo e croce di
guerra. Trasferito al termine del conflitto nel Corpo Truppe Coloniali
della Tripolitania, rientra dal 1924 prima al 9° poi all’8° Rgt.
Alpini. Capitano nel 1929 ha il comando della 63^ compagnia del
Btg. “Bassano”. Nel 1931 viene trasferito quale istruttore alla
Scuola di Applicazione di Fanteria quindi assegnato al Comando
Superiore Alpini. Promosso Maggiore nel 1939 viene destinato al
Comando Superiore Truppe in Albania e nel 1940 promosso Ten. Colonnello
per meriti di guerra. Rientrato in Italia gli è affidato il comando
del Btg. Alpini “L’Aquila” e nel 1942 trasferito nel Corpo di
Stato Maggiore. Promosso Colonnello ed assegnato al Comando VI
Armata, a seguito della situazione creatasi con l’8 settembre
1943 raggiunge il territorio liberato per assumere volontariamente
il comando del Rgt. di Fanteria Speciale del Gruppo di Combattimento
“Legnano” che comprendeva il battaglione alpini “Piemonte”, il
battaglione alpini “L’Aquila” ed il battaglione bersaglieri “Goito”
guidando questi reparti nelle operazioni di guerra sulla “linea
gotica”. Per il valore dimostrato nel comando viene decorato di
medaglia d’argento al valor militare. Nel dopoguerra gli viene
affidato l’incarico di ricostituire ed è comandante nel biennio
1946-47 dell’8° reggimento alpini. Con la promozione a Generale
lascia le Truppe Alpine concludendo la carriera militare nel 1958
quale Generale comandante il V° Corpo d’Armata. Posto in ausiliaria,
a lui viene tributato un affettuoso saluto presso il Comando della
Brigata Alpina “Cadore” in Belluno alla presenza di tutti i Generali
comandanti le Brigate Alpine, quale omaggio di tutte le “Fiamme
Verdi”.
(1)
La figura del Maggiore Augusto De Cobelli è ricordata in altra
pagina di questo sito (vedi
biografia)
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