alpini
del territorio bolognese romagnolo
LO SAPEVATE CHE…il
bolognese artista Ubaldo Oppi è stato alpino?
di Giuseppe Martelli
pubblicato il 15 febbraio 2009
Come al solito il merito e la “riscoperta” del legame fra questa nota figura
di artista ed il mondo alpino va all’amico Mario Gallotta
del Gruppo di Ferrara, che mi ha inviato copia di
questo articolo dal quale risulta, per nascita, il legame
di Ubaldo Oppi alla storia degli alpini nati sul territorio
bolognese romagnolo. Ovviamente, da parte mia, ho
cercato ulteriori notizie ed immagini in modo da ampliare
ed arricchirne per quanto possibile
la biografia.
Articolo tratto dalla pubblicazione a cura di Franco Candiollo
- VICENZA E GLI ALPINI - Supplemento de
"IL GIORNALE DI VICENZA" edito
in occasione della 64ª Adunata Nazionale Alpini svoltasi a Vicenza
l'11 e 12 maggio 1991. L'articolo dal titolo Ubaldo Oppi
- Con gli alpini vicentini all'adunata del 1934 a Roma,
è stato scritto da Walter Stefani.
Fotografia giovanile
tratta da : Archivio Ubaldo Occhi
- Milano
|
Un
legame affettivo, che datava da vecchia data, ha sempre legato
a doppio filo il pittore Ubaldo Oppi e Vicenza. Anzi, si può
ben dire ch'egli possa annoverarsi tra i "vicentini illustri"
a tutti gli effetti, essendo egli arrivato in città nel
1893, a soli quattro anni. Ovviamente al seguito del padre Pompeo,
venuto ad aprire un lussuoso negozio di calzature nella centralissima
contrà Cavuor.
Oppi, nato a Bologna il 25 luglio 1889, cresce e studia quindi
a Vicenza, dove ha subito occasione di conoscere ragazzi che hanno
la la sua stessa passione per il disegno, la pittura e le arti
figurative. Il padre, che coltiva il desiderio di vederlo continuare
nell'attività di famiglia, lo manda in Austria e Germania
perchè s'impratichisca nel commercio calzaturiero. Ubaldo,
al contrario, si ferma a Vienna, dove frequenta regolarmente corsi
di studio artistico presso l'Accademia diretta da Klimt. Siamo
nel 1907 e, prima di rientrare in Italia per il servizio di leva
(1910), compie alcune escursioni nel Balcani, scendendo lungo
il Danubio fino in Crimea.
Terminata la "ferma" militare, ovviamente negli alpini
stante la sua figura aitante e massiccia, l'avventuroso giovane
parte per Parigi dove ha modo di frequentare l'ambiente artistico
di Severini, di Modigliani e dell'"avanguardia".
Di quelle esperienze nella Ville Lumière Oppi ricorderà:
"A Parigi la fame non era soltanto un rebus di giovani
artisti sconosciuti. Il primo problema d'ogni giorno era tenere
unita l'anima col corpo". In verità, egli era
costretto a svendere i propri quadri al rigattiere Mougins per
quattro soldi. Allo strozzino Libeau cederà, in un giorno
di disperazione, 70 disegni per settanta franchi!
Questa vita da "bohèmien" non gli impedirà
di rubare a Pablo Picasso, suo amico, l'ardente Fernande. La donna
troverà infatti nell'impetuoso amatore italiano una perfetta
simbiosi artistico-sessuale, tanto da lasciare il già celebre
pittore spagnolo per andare a vivere con lui. Così i problemi
"contingenti" del giovane Ubaldo aumenteranno ancora
di più...
I successi artistici non tardano comunque ad arrivare, tanto che
nel 1913 Ubaldo partecipa con un'ampia serie di disegni e dipinti
all'ottava Mostra di Cà Pesaro a Venezia, dove sono presenti,
tra gli altri, Casorati, Martini e Gino Rossi. Sua la copertina
del catalogo.
Nel 1915 viene richiamato alle armi ed egli, da buon italiano,
torna in Patria e si arruola. E' inviato come Sottotenente alla
108ª compagnia di Milizia Mobile aggregata al battaglione (alpini
n.d.r) "Val Leogra", con la quale partecipa alle prime
azioni di guerra sul Monte Pasubio. Durante i periodi di pausa,
Oppi ne approffitterà per illustrare con piccoli disegni
a penna alcuni momenti di vita degli alpini al fronte e nelle
retrovie. Poi passa al neo-costituito battaglione "Monte
Berico", col il quale partecipa alle eroiche imprese in Val
Terragnolo, in Vallarsa, in Val Posina e - soprattutto - sul Pasubio.
Qui un'azione in grande stile ha inizio la mattina del 10 settembre
1916 contro il Dente Austriaco a quota 2043 e 2206, ma viene sospesa
a causa del sopraggiungere d'un forte nebbione dopo una lotta
furibonda. Sono sei i battaglioni alpini impegnati nel sanguinosissimo
combattimento: "Aosta", "Exillese", "Monte
Berico", "Monte Cervino", "Monte Suello",
"Vicenza".
"la
famiglia dell'alpino" quadro del 1918 |
Autoritratto, immagine
tratta da un articolo di Franco
Brunello
dedicato
all'artista che
compare su L'ALPINO
dell'ottobre 1981.
|
Racconta
Franco Brunello che - "al diradarsi della nebbia, gli austriaci
cominciarono a sparare d'infilata dalla Lora e dai Panettoni,
ferendo parecchi alpini rimasti troppo esposti" -. Quasi
contemporaneamente il tiro corto delle nostre bombarde da 240
fecero cadere alcuni colpi in mezzo agli alpini, uccidendone e
ferendone non pochi. Fu giocoforza far ripiegare gli uomini, sbigottiti
per il gravissimo errore. I feriti e i dilaniati corpi dei morti
furono raccolti entro teli da tenda e trasportati dentro le nostre
posizioni. Oppi, con un ginoxcchio spaccato, non preoccupandosi
della propria ferita, urlava disperato per il massacro dei suoi
alpini: "El me plotòn, el me plotòn! Tuti
morti, tuto finio".
Nel
pomeriggio altro assalto ed altro macello, mentre tra il crepitare
della fucileria e della mitraglia s'odono le urla disperate dei
feriti e lontane grida di "Savoia". Il comandante d'una
compagnia incita i suoi alpini col grido "Qui si difende
Vicenza", mentre dall'altra parte della barricata ufficiali
del Kaiserjäger additano la pianura vicentina gridando: "Kopal
ruft!", cioè "Kopal chiama!", intendendo
ricordare il Colonnello austriaco caduto sul MOnte Bella Guardia
il 10 giugno 1848 (e onorato dagli austriaci, nel 1911, con l'erezione
del Sacello-Ossario a Monte Berico).
Oppi viene trasferito in ospedale mentre i sanguinosi combattimenti
continueranno sul Pasubio. Un mese dopo, anche con l'apporto di
altri battaglioni alpini, i suoi uomini riusciranno a liberare
da precaria posizione i difensori della zona Sogli-Lora e ad occupare
l'altopiano del Cosmagnon, assicurando alla prima Armata di Pecori-Giraldi
il controllo della sottostante Vallarsa. Poi sul Pasubio si rovescierà
un'enorme coltre nevosa, accompagnata da temperature polari, che
sottoporrà i combattenti a inenarrabili sofferenze. La
"morte bianca" mieterà senza risparmio le sue
vittime in entrambi i campi.
"Valli
del Cadore" quadro del 1926 |
Durante
il periodo di forzata convalescenza Oppi, assieme al pittore vicentino
Carlo Potente, organizza una mostra di pittura a scopo benefico
dentro il "Caffè Moresco" di Campo Marzo. Si
tratta d'un noto ritrovo cittadino durante gli anni di pace. Un
tipico ambiente d'intonazione orientaleggiante (già "Caffè
Turco" sino allo scoppio della guerra italo-turca), frequentato
da molti militari stante la sua vicinanza con le stazioni della
ferrovia e della tramvia, oltre che col magazzino-deposito alloggiato
nel Teatro Verdi allora requisito per esigenze belliche.
La mostra Oppi-Potente ottiene un lusinghiero successo e l'utile
ricavato dalla vendita dei quadri va tutto in beneficenza. Appena
è in grado di camminare, Ubaldo torna lassù, dai
"suoi" alpini, per partecipare ad altri fatti d'arme.
Fatto prigioniero, è internato nel campo di prigionia di
Mauthausen dove, pur tra mille stenti, trova il modo di disegnare
su piccoli foglietti vari aspetti della vita del famigerato lager
austriaco.
Terminata la guerra, Oppi ritorna a Parigi e riprende a dipingere
con rinnovato entusiasmo, tanto che le sue opere figureranno al
"Salon des Indipendants" nel 1921. Partecipa alla biennale
di Venezia del 1923 e, con una personale, a quella del 1924. Entra
a far parte del famoso "Gruppo dei Sette" assieme a
Bucci, Dudreville, Funi, Malerba, Marussig e Sironi. Alla Mostra
mondiale di Pisburg del 1924 vince il secondo premio di mille
dollari con Nudo disteso. Espone poi a Monaco, Dresda,
Vienna, e vince il concorso promosso dall'Opera delle Terre Liberate
con la Pala di San Venanzio. Nel 1926-28 affresca la
cappella di San Francesco nella Basilica del Santo di Padova e
nel 1932 la chiesa di Bolzano Vicentino.
Rientra definitivamente a Vicenza nel 1935 (da Milano), dove apre
uno studio/alloggio in piazzatta Gualdi. L'anno prima, in occassione
dell'Adunata nazionale degli Alpini a Roma nel 1934, esegue un
curioso bozzetto per la Sezione di Vicenza (riprodotto in grande
dal prof. Dall'Amico, vicentino) in cui esterna il suo humour
pur in tempi difficili e sospettosi. Il disegno si rifà
ad un discorso del duce durante l'Adunata alpina del 1929, in
cui aveva detto: "Triste giorno per voi e per la nazione
quello in cui la razza dei forti alpini dovesse finire".
lo striscione
portato dalla Sezione di Vicenza all'adunata di Roma
del 1934, riprodotto in grande da un suo bozzetto. |
Ecco
quindi pronta la risposta del "gallo ruspante" Oppi,
che simboleggia argutamente la...prolificità delle "penne
nere". Si nota un vecchio alpino in atto di "grattarsi
la testa", mentre il maggiore dei suoi figli (ovviamente
alpino) porta all'Adunata di Roma anche tutta la nidiata di nipoti,
con in testa tanto di cappello con la penna. Non manca la "femena",
tipica figura delle sane montanare, che preannunzia una...nuova
maternità. In bocca al "vècio" il distico:
"Siòr Duce, eccote fato!". In quell'occasione,
la Città del Grappa porterà a Roma una fedele riproduzione
del "ponte degli alpini". Quel "ponte" eternato
in una ingenua quanto popolare strofa d'una canzone di guerra.
A Vicenza Oppi concluderà la sua esistenza lavorando ancora,
a tratti, e lasciandosi "piacevolmente andare" in compagnia
d'un cenacolo d'artisti facenti capo a don Federico Mistrorigo,
presso l'Abazia di Sant'Agostino: Elsi, Giuriato, De Mori, Zuccato,
Zanetti, Morseletto. Probabilmente aveva trovato finalmente, nella
Città del Palladio, la quiete inseguita per anni. Sentiva
il bisogno d'ossigenare la sua anima irrequieta, di decantare
conceri interiori perduti, forse, durante le inutili carneficine
sul Pasubio.
Muore il 25 ottobre 1942. E l'amico poeta Emanuele Zuccato così
lo ricorderà: "Povero, grande, paradossale Ubaldo,
così prematuramente ucciso dalla sua stessa forte, esuberante,
orgogliosa vitalità. Fosti rude e delicato, povero e signore,
complicato e semplice, primitivo e moderno, cattolico e pagano;
artista, patroota, alpino, guerriero, poeta, buongustaio, amatore...
Grande in tutto".
Walter
Stefani
Da
ulteriori ricerche effettuate, in particolare sul periodo di ufficiale
degli alpini nella guerra 1915-18, sappiamo che Ubaldo Oppi svolge
nel biennio 1910-1911 il regolare servizio di leva negli alpini.
Nel maggio 1915 con l'entrata in guerra dell'Italia viene richiamato
in servizio e, per il suo titolo di studio, nominato Sottotenente
di Milizia Territoriale alla 260ª compagnia del battaglione alpini
"Val Leogra" e con questo reparto partecipa alle prime
azioni di guerra. Inviato a frequentare il regolare corso per
ufficiali di reparti combattenti, nel dicembre passa effettivo
al neo-costituito battaglione alpini "Monte Berico"
comandato dal Ten. Colonnello Vittorio Emanuele Rossi, dove assunto
il comando del 3° plotone della 108ª compagnia partecipa alle
epiche imprese di questo reparto in Val Terragnolo, in Vallarsa,
in Val Posina e Monte Pasubio. Nell'azione del 10 settembre 1916
per la conquista del Dente Austriaco nel massiccio del Pasubio,
che pur con coraggiosi e sanguinosi assalti non riesce e due giorni
dopo visto l'inutile massacro venne sospesa, il Sottotenente Oppi
rimane gravemente ferito ad un ginocchio ed inviato all'ospedale.
Dopo quasi un anno fra degenza e convalescenza, nel settembre
1917 lo ritroviamo nuovamente, con il grado di Tenente, alla 108ª
compagnia sempre del "Monte Berico" ora comandato dal
Capitano Giuseppe Reina (1). Partecipa quindi
alle successive azioni a Monte Badenecche, in Val Brenta, Val
Frenzela e nel giugno 1918 alla battaglia del Piave in zona Mussolente,
dove cade purtroppo prigioniero. Internato nel famigerato campo
di Mauthausen, dove sopporta una dura prigionia, nel dicembre
viene liberato per la conclusione della guerra. Congedato nell'estate
del 1919 riprende la sua "normale" vita di artista.
(1)
Giuseppe Reina, milanese di nascita, lo ritroveremo nel dopoguerra
fra i promotori e soci fondatori a MIlano nel luglio 1922 dell'Associazione
Nazionale Alpini, della quale ricoprirà nel 1925 la carica
di Presidente Nazionale. Trasferito nel 1926 a Bologna per ragioni
di lavoro, entra subito in contatto con gli alpini della
Sezione che lo eleggono immediatamente Presidente di Sezione,
incarico che accetta con entusiasmo e che svolge nel biennio 1926-1927.
Richiamato nella sede professionale di Milano, lascia la nostra
città mantenendo ancora per alcuni anni l'iscrizione di
socio della Sezione.
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