alpini del territorio bolognese romagnolo

don Enrico Petrucci, trasmettitore alpino

di Giuseppe Martelli

pubblicato il 15 marzo 2005


Nella Parrocchia Sacro Cuore di Gesù e San Giovanni Battista a Castel Guelfo di Bologna ho incontrato il Parroco Don Enrico Petrucci. Un Parroco “speciale” che prima di indossare l’abito talare ha portato la penna nera ed ha vissuto un anno fra le montagne dell’Alto Adige a Bolzano. E’ stato piacevole scoprire nelle sue parole una testimonianza di come il servizio di naja negli Alpini, vissuto serenamente, lo abbia in qualche modo “aiutato” nella successiva scelta di un altro importante “servizio”. E’ stato altrettanto piacevole ritrovare appeso nella stanza il cappello alpino, con la tradizionale penna “stanca” dei congedanti, che ho visto guardare come solo gli alpini “veri” sanno guardare il proprio cappello, ed il trasmettitore alpino don Enrico Petrucci così si presenta.

Sono nato a Bologna il 17 dicembre 1956 da Fulvio ed Enrichetta Lorenzini. I miei genitori e mia sorella Chiara, sposata con tre figli, abitano tutti a Bologna. Fin da bambino i miei genitori mi hanno educato alle preghiere, ad andare a Messa, a frequentare la nostra Parrocchia di S. Maria Lacrimosa degli Alemanni.

A Bologna ho frequentato le Scuole elementari, la Scuola media, il Liceo scientifico “Malpighi” quindi mi sono iscritto all’Università nella facoltà di medicina e chirurgia. E’ stato in questo periodo che ho cominciato ad affrontare più seriamente le domande che mi ponevo sulla fede. Con gli amici ci si ritrovava ogni mattina alle sette in Parrocchia per recitare le Lodi mattutine, poi ognuno proseguiva la giornata chi di studio, chi di lavoro, quindi ci si ritrovava la sera per la S. Messa. Ci impegnavamo anche nelle opere caritative di accoglienza per ragazze madri, tossicodipendenti e casi sociali presenti nella realtà parrocchiale. Nel contempo svolgevo anche il servizio di catechista. Il Parroco, che aveva letto nel profondo del mio cuore, mi era vicino aiutandomi a meditare la Parola di Dio. Ero un ragazzo “normale” che si divideva fra studio, parrocchia, lavoro nell’attività di mio padre, la fidanzata con la quale si progettava il nostro futuro. Allo stesso tempo sentivo anche crescere la vocazione sacerdotale. All’insaputa di tutti, una volta al mese andavo in Seminario al ritiro per i giovani che desideravano verificare quale era la loro vera vocazione, incontrando il Padre spirituale del Seminario. Quante domande mi ponevo. Era vera e sincera la mia vocazione? Il mio futuro era quello di medico dei corpi o medico delle anime? La mia vita comunque proseguiva “normalmente” e come tutti i giovani, anch’io nel settembre 1979 ho ricevuto la cartolina rosa di chiamata alle armi con destinazione il C.A.R. (Centro Addestramento Reclute) di Cuneo Btg. Alpini Mondovì. Ricordo il lungo viaggio in treno ed in particolare gli altri giovani, uno di Ferrara, uno di Forlì e l’altro salito poi a Vicenza, miei vicini nello scompartimento. Ognuno era assorto nei propri pensieri e non ci fu quasi dialogo. La sera stessa nella Caserma di Cuneo, finalmente libero dalle “formalità”, cercai la Cappelletta dove recitare come mia abitudine, le preghiere serali. Il pavimento era di legno e ad ogni passo scricchiolava. Cercai un angolo nel semibuio il più vicino possibile all’altare. Dopo qualche minuto sentii lo scricchiolare di passi, la curiosità era forte ma era forte anche il pudore e non mi girai. Stessa scena nelle sere successive. Alla quarta sera, ormai distinguevo i vari scricchiolii, mi voltai vinto dalla curiosità di vedere con chi condividevo le preghiere e, con stupore, ritrovai gli stessi vicini di scompartimento con i quali avevo viaggiato e che ora, altra casualità, erano anche vicini di branda in camerata. Concluso il periodo addestrativo con la cerimonia del giuramento, sono stato assegnato al 4° Btg. Trasmissioni “Gardena” di stanza nella Caserma “Vittorio Veneto” a Bolzano, con incarico di centralinista. Successivamente, su proposta del Colonnello comandante, sono stato per due mesi in servizio alla mensa ufficiali quindi, su suo invito in accordo con il Cappellano Militare Don Renato, mi è stato affidato l’incarico di animatore culturale. In pratica il mio compito era quello di organizzare le attività sportive, gite ed eventi culturali per la truppa.

Al termine della prima S. Messa officiata nella sua Parrocchia di S. Maria Lacrimosa degli Alemanni Don Petrucci incontra parrocchiani ed amici e fra questi, nella fotografia, diversi commilitoni di naja.

Concluso il servizio militare nel settembre 1980, ho frequentato ancora per un anno l’Università (il 4° anno), poi la scelta definitiva; il 4 ottobre 1981 sono entrato nel Pontificio Seminario regionale di Bologna. Dopo sei anni di studio e di crescita spirituale, il 19 settembre 1987 nella Cattedrale di San Pietro a Bologna ho ricevuto il Sacramento dell’Ordine dalle mani del Cardinale Giacomo Biffi. I primi passi di “servizio” come Sacerdote li ho vissuti nella Parrocchia Santi Savino e Silvestro di Corticella a Bologna dove sono rimasto fino all’ottobre 1989. Nel mio ruolo di cappellano ho coadiuvato il Parroco nelle molteplici attività pastorali, fra le quali l’Oratorio giovanile e l’assistenza agli ospiti della Casa della Carità. Nel contempo sono stato nominato anche insegnante di religione presso la Scuola media inferiore di Corticella.

Per esigenze pastorali sono stato successivamente inviato, sempre come cappellano coadiutore, nella Parrocchia San Biagio a Cento, in Provincia di Ferrara. Anche nella nuova realtà il mio impegno primario è stato quello di guidare la vita dell’Oratorio parrocchiale che abbiamo ristrutturato, con la collaborazione di giovani ed adulti, per le esigenze di accoglienza quale punto di riferimento delle tre Parrocchie centesi. Anche qui sono stato nominato insegnante di religione, questa volta per gli studenti dell’Istituto Tecnico Industriale. Nel contempo il Vescovo mi aveva affidato anche il servizio di Cappellano all’Ospedale civile.

Nel novembre 1993, sempre per esigenze pastorali, mi è stata affidata la guida quale Parroco della Parrocchia San Giacomo di Lorenzatico e della Parrocchia San Biagio di Zenerigolo nel Comune di San Giovanni in Persiceto nel bolognese. Oltre a questi anche l’incarico di Cappellano del locale Ospedale Santissimo Salvatore. E’ stato un periodo di forte impegno ma devo anche dire che ho trovato nei miei parrocchiani tanta disponibilità. Grazie a questa è stato possibile ristrutturare la Scuola materna a Lorenzatico e realizzare l’Oratorio a Zenerigolo ristrutturando la vecchia canonica.

Don Petrucci oggi in un momento liturgico.

Nel 1998 l’Arcivescovo mi ha chiesto un ulteriore impegno affidandomi l’incarico di vice-assistente provinciale del Movimento Cristiano Lavoratori e dal febbraio 2002 quale Canonico della Collegiata di San Biagio a Cento.

Dal 21 settembre 2002 sono stato trasferito come Parroco della Parrocchia Sacro Cuore di Gesù e San Giovanni Battista a Castel Guelfo di Bologna. Anche qui ho trovato una bella realtà parrocchiale e tanta disponibilità, sia nella conduzione della Scuola materna sia nell’attuale fase di ristrutturazione di vari ambienti, che riteniamo di comune accordo con i miei parrocchiani, necessari per proseguire assieme il cammino della comunità.

Ancora oggi sono convinto che quell’anno di servizio militare, facendomi uscire dalla solita quotidianità dove tutto era “facile” e schematizzato, mi abbia aiutato a confrontarmi e conoscere nuove realtà, altri giovani, l’ambiente della caserma con le sue regole, scoprire nuovi amici, nuove realtà parrocchiali, la figura del Cappellano militare, ecc. Devo proprio a Don Renato, che facendomi leggere la lettera di un alpino congedato poi entrato in Seminario, vi ritrovai i miei stessi pensieri e finalmente capii la mia vera vocazione. Non è retorica se affermo che quando sono partito ero un “giovane” con le idee confuse, combattuto fra la realtà e ciò che desideravo, e sono ritornato “uomo”, finalmente consapevole e convinto sulla scelta del proprio futuro di Sacerdote.

Purtroppo le fotografie in divisa del mio servizio militare risultano oggi inutilizzabili. Pur essendo conservate nella casa dei miei genitori in apposito album, si sono inspiegabilmente sbiadite e questo mi dispiace. Mi consola comunque l’aver ancora il mio cappello “sbufferato” che di tanto in tanto rimetto in testa rivedendomi Trasmettitore Alpino.