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Giuseppe Martelli
dedicato
agli alpini in armi e in congedo
la “preghiera” del mulo delle Truppe Alpine
di Giuseppe Martelli,
autore delle ricerche iconografiche e documentali e dei testi
pubblicato 1° maggio 2005
Il
connubio alpino-mulo, artigliere da montagna-mulo, è parte integrante
e inseparabile nella storia di entrambi come militari regolarmente
chiamati in servizio dall’Esercito Italiano. Se ci si sofferma a parlare
con un conducente in guerra o in pace, diventano comprensibili queste
affermazioni. Il ricordo, l’affetto, la stima, che potremmo definire
reciproca, affiorerà negli occhi e nelle espressioni con aneddoti
di simbiosi per i quali risulterà difficile credere che si tratti
proprio di un mulo.
La “passerella” dei muli in vendita.
Fotografia tratta
da L’ALPINO novembre 1993. |
Un
pezzo di storia che purtroppo si è concluso nel 1993 con lo scioglimento
dell’ultima Batteria ancora presente presso la Brigata Alpina “Cadore”
in Belluno, dove si svolse la vendita all’asta degli ultimi muli ancora
in servizio e che chiudeva definitivamente una lunga tradizione delle
Truppe Alpine. Chi non ricorda i baci, le carezze e gli occhi lucidi
dei giovani conducenti al momento del distacco. A fronte dell’incredibile
e tassativo ordine dall’alto, la quasi totalità dei muli fu acquistata
da singoli conducenti in congedo o Gruppi alpini, con il contributo
dell’Associazione Nazionale Alpini e dallo stesso comando di Brigata.
Fortunatamente pensionati in vari parchi, al momento opportuno sono
“richiamati in servizio” e tirati a lucido, con immutato fiero contegno
militare, sfilano alle adunate alpine suscitando sempre immutato affetto
ed entusiasmo.
Come
tutti i militari soggetti alla leva, anche il mulo per essere dichiarato
abile arruolato, doveva superare la visita d’idoneità. Sull’esperienza
acquisita in particolare nella guerra 1915-1918, con il ritorno alla
pace e la costituzione di reparti permanenti di salmerie e artiglieria
da montagna, le commissioni militari furono chiamate a diversi e approfonditi
studi. In accordo con il Ministero dell’Agricoltura, un decreto del
4 settembre 1925 stabiliva le misure ottimali per il reclutamento
dei muli nell’Esercito Italiano. Continui studi si svolgevano presso
gli Istituti di Zootecnia in diverse università e presso importanti
allevamenti al fine di ottenere il mulo “perfetto”.
Può
apparire irriverente al credo cattolico definire che anche il mulo
degli alpini prega . E’ ovvio che si tratta di semplice eufemismo
e che le preghiere erano piuttosto un decalogo di norme per
la buona custodia dei muli. Gli attenti compilatori, per rendere meno
militari gli ordini, avevano trovato con modo spiritoso ed indiretto
di far parlare il mulo, così caro come abbiamo visto al cuore
del proprio conducente.
Il
primo documento rintracciato dove il mulo “parla” in prima persona,
compare su L’ALPINO del 1° agosto 1941. Come indicato nell’articolo,
senza menzione dell’autore, questo decalogo era tratto da un foglietto
volante largamente diffuso sul fronte greco a cura del Comando Superiore
Forze Armate.
Riproduzione di una parte della “preghiera” che compare su L’ALPINO del 1° agosto 1941.
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IL
MULO al suo conducente
1
– Ti servirò fino al sacrificio: dammi però ciò che mi necessita
per servirti.
2
– Ricordati che in guerra sono indispensabile: io solo ti
porto armi, munizioni, viveri e notizie dei tuoi cari.
3
– Trattami con dolcezza e pazienza, se non vuoi rendermi
nervoso e costringermi a sferrare qualche calcio. Non darmi
strapponi alle redini: essi mi fanno male alla bocca.
4
– Sono ruvido e brutto con le mie lunghe orecchie. Ma sotto
la ruvidezza è la mia forza, la mia resistenza, la mia sobrietà.
5
– Cerca di tenermi pulito: si salverai così dalle malattie,
parassitarie, specie dalla rogna, che dovrai temere più
della peste. Ricorda che “buon governo vale metà razione”:
se non mi pulisci diventerò magro e triste per la sporcizia.
6
– Toglimi il basto e i finimenti appena terminato il lavoro.
Asciugami se sono bagnato e sudato: strofinami con paglia
o altro e riparami, se possibile, dall’acqua e dal vento:
mi salverai così da reumatismi, tosse, polmonite e coliche
pericolose.
7
– Non lasciarmi all’aperto di notte col cattivo tempo e
col freddo. Se non ci sono baracche od altri ricoveri: cerca
di farmi riparo con un po’ di ramaglie o coprimi con un
copertone o qualche coperta vecchia.
8
– Sorveglia i miei pasti: dammi da bere e da mangiare: a
stomaco vuoto anch’io come te non posso lavorare. Se il
lavoro ti fa venire appetito, pensa che lo stesso succede
a me e se tu hai qualche cosa da mangiare ed io nulla, dividi
un poco con me la pagnotta e la galletta.
9
– Durante le marce fammi bere dove si offra l’occasione
di una roggia, di una polla montana, ecc., specialmente
nella stagione estiva. Cerca che l’acqua dove mi fai bere
sia possibilmente pulita: sai che io sono schifiltoso e
che l’acqua troppo sporca mi fa male.
10-
Tu sai che noi due dobbiamo essere indivisibili e conosci
la nostra importanza per assicurare i rifornimenti ai tuoi
compagni in linea. Per noi non c’è riposo, ma dobbiamo mantenerci
in forze per continuare il nostro lavoro. Se sei stanco,
pensa che anch’io sono stanco, anche se non posso dirlo:
non ti attaccare alla mia coda, non mi montare, io non reagirei
per affezione, ma forse tu provocheresti così la mia morte
per troppa fatica.
11-
Sorvegliami nelle salite e discese: accorciami la braca
in discesa, perché il carico non mi scenda sul collo e mi
spinga a cadere: allungami invece la braca quando vado in
salita e, se la salita è forte, accorciami il pettorale,
perché il carico non scenda sulle reni. In discesa tienimi
a guinzaglio lento perché io possa io possa vedere dove
metto i piedi, ma sii pronto a sostenermi se inciampo. Nelle
salite lascia lungo il guinzaglio.
12-
Sorveglia i miei piedi tutti i giorni, affinché i ferri
siano sempre in ordine, ben saldo agli zoccoli, rinnovati
a tempo debito.
13-
Se perdo un ferro in marcia e vuoi che io ti segua ovunque
fammelo riattaccare subito, perché “ferro perduto, mulo
perduto”. Mantieni puliti i miei zoccoli dalle immondizie
che vi si accumulano, specialmente sotto: così mi salverai
da varie malattie ai piedi.
14-
I buoni trattamenti varranno per me come gli encomi e le
ricompense per te.
15-
Ricorda tutte le mie benemerenze a favore dell’Esercito,
in pace e in guerra e vogliami bene.
qui per maggior chiarezza è trascritto
il testo della Preghiera
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Questa
“preghiera del mulo”, di autore ignoto, compare su L’ALPINO
del 31 marzo 1948 senza indicazione sulla provenienza. (Da un anno
il giornale ha ripreso le pubblicazioni sospese per la guerra).
Riproduzione di una parte della “preghiera”
che compare su L’ALPINO del 31 marzo 1948.
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LA
PREGHIERA DEL MULO
A
te, mio buon conducente, rivolgo questa preghiera.
Dammi
sempre da mangiare e da bere e quando il mio lavoro è finito
provvedimi un riposo comodo; se non puoi darmi una lettiera
asciutta e pulita in uno stallo largo e areato, fa almeno
che possa riposare su un terreno pianeggiante, senza pantano,
che sia al riparo dai venti durante le stagioni fredde che
sia all’ombra durante l’estate.
Quando
rifiuto il cibo guardami in bocca, può darsi che qualche
male alle gengive od alla lingua mi impedisca di mangiare,
avverti sempre di questo i tuoi superiori.
Siccome
io non posso dirti quando ho sete, fammi bere spesso acqua
fresca e pulita, anche durante il lavoro; lasciami il tempo
perché possa mangiare tutta la mia razione di fieno e di
avena.
Parlami,
la tua voce è talora più efficace della frusta e delle redini,
accarezzami sovente perché io possa imparare ad amarti ed
a servirti meglio.
Ogni
giorno esamina i miei piedi, assicurati che i ferri siano
ben attaccati, governami con dolcezza, non farmi male con
le striglia, adopera di preferenza la spugna bagnata.
Non
tagliarmi la coda, privandomi così della mia miglior difesa
contro le mosche ed i tafani che mi tormentano.
Non
fare strappate alle redini, e, nelle salite, non mi frustare!
Non darmi calci, non battermi quando io non capisco quello
che vuoi, ma fa che io possa intenderti. Se mi rifiuto,
assicurati che il morso o il basto non siano fuori posto,
e che non vi sia qualche cosa nei piedi che mi da dolore.
Se mi adombro, non percuotermi; ma pensa che ciò può dipendere
da qualche cosa che mi impedisce di veder bene, o da difetto
alla mia vista.
Non
obbligarmi a portare un peso eccessivo alle mie forze, guarda
che il carico sia ben equilibrato quando cado, abbi pazienza
ed aiutami, e se inciampo, considera che ciò non dipese
da colpa mia, considera il terreno accidentato che mi fai
percorrere, non darmi frustate che mi rendono pauroso e
nervoso.
Se
hai un poco di cuore non attaccarti alla mia coda durante
le salite; pensa che io ho già un carico da portare e che
se tu pure ti fai trascinare, accresci di molto la mia fatica,
pensa quale dolore procuri tirando per tanto tempo la mia
povera coda!
Cerca
di ripararmi dal sole. Nelle soste, quando fa freddo, o
sono sudato, mettimi una coperta addosso; ricordati però
di levarla quando lavoro.
Vogliami
bene, mio buon conducente; curami che in guerra ti sarò
molto utile. Ti sarò l’amico prezioso.
qui per maggior chiarezza è trascritto
il testo della Preghiera
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Interessante
e simpatico questo libretto, edito dalla Brigata Alpina “Orobica”
nel settembre 1956, che contiene la “preghiera del mulo al suo
conducente”, di autore ignoto, corredata da graziosi disegni.
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Non
ridere o mio conducente, ed ascolta questa mia preghiera.
Quando rientriamo in caserma dopo un servizio, non abbandonarmi
subito, anche se ti senti stanco; pensa che anch’io ho lavorato
e sono stanco più di te.
Se
sono sudato, strofinami con un po’ di paglia e mettimi presto
al riparo; per te è poca fatica e mi risparmi i dolori reumatici,
tosse e coliche.
In
scuderia, specialmente di notte, lasciami legato lungo,
perché io possa giacere e riposarmi. E’ vero che io posso
dormire stando anche in piedi, ma, credilo, io dormo e riposo
bene anche quando sono sdraiato.
Ogni
giorno puliscimi i piedi e lavami con una spugna ben bagnata.
Ogni
tanto e specialmente durante le piogge, dammi un po’ di
grasso ai piedi: così mi eviterai le malattie allo zoccolo.
Certo
io non sono un animale fine; ma guardati bene dal pulirmi
gli occhi con la spugna con la quale hai pulito gli occhi
ad un altro mulo, senza averla prima ben lavata; inoltre
adopera due spugne, una per gli occhi e l’altra per le altre
parti del corpo, così mi eviterai malattie.
Un
giorno ho sentito dire dal Capitano ad un conducente: “Un
buon governo vale mezza razione”, e questo è vero. Io lavoro
spesso nella polvere e nel fango, sudo, ho bisogno di essere
governato; quando la mia pelle è pulita, io mi sento rinfrancato
e mangio di buon appetito, e tu fai bella figura perché
mi presenti ai tuoi superiori col mantello ben lucido.
Fammi
bere spesso acqua fresca e pulita, anche durante il lavoro.
Se vedi che io non riesco a vincermi e bevo troppo in fretta,
distaccami dall’acqua; ma non farlo con brutti modi, perché
mi faresti paura, eppoi lasciami ancora bere quanto voglio,
senza aver fretta; l’acqua mi fa bene e non mi ubriaca.
Nel
mettermi le bardature io divento irrequieto e tiro qualche
calcio in aria, considera che anch’io, come te, posso soffrire
il solletico in qualche parte del corpo. Abbi pazienza e
non trattarmi male, perché io non sono cattivo. Mettimi
bene la bardatura e guarda che ogni cinghia sia della lunghezza
giusta; in tal modo mi eviterai dolori e fiaccature.
Accarezzami
spesso e parlami, così imparerò a conoscere la tua voce,
ti vorrò bene, sarò sempre buono e lavorerò tranquillo.
Se
io faccio qualche movimento brusco, pensa che forse avrò
avuto paura, non strapparmi con le redini e non darmi calci,
ma abbi pazienza e fammi qualche carezza. Vedrai che diventerò
subito tranquillo.
Anche
se tu sei stanco e sudato, o le tue mani sono intirizzite
dal freddo, non risparmiarti la piccola fatica di accorciare
la braca quando si va in discesa, e di allungarla quando
si va in salita, e soprattutto non attaccarti alla mia coda,
non tanto per la maggior fatica, quanto per i giorni di
rigore che mi priverebbero della tua compagnia. Nelle salite
ho bisogno, di essere libero nei movimenti, e perciò allungami
la braca; e se la salita è forte cerca di accorciare il
pettorale in maniera che il carico non mi vada sulle reni.
Facendo
ciò mi risparmierai fiaccature e cadute, ed io lavorerò
tranquillo.
Nelle
salite io vado più svelto e tu non attaccarti al guinzaglio:
mi stanchi, mi fai male alla bocca e puoi farmi perdere
l’equilibrio e cadere.
In
discesa io vado più piano e tu non tirarmi; vedrai che arriveremo
lo stesso. Lasciami il guinzaglio lento e permetti che io
vada dove metto i piedi. Stai però pronto a sostenermi con
le redini in caso che io inciampi. Basta il tuo aiuto per
un secondo per evitarmi una caduta.
Se
inciampo aiutami, e ricordati che io sto più attento che
posso per non cadere, non aggiungere alla mia paura le tue
strapponate e le tue parolacce che mi rendono nervoso e
fanno venir voglia di scappare.
Se
qualche volta io scappo ciò significa che io mi sono impaurito,
adesso ci sono per le strade tante macchine che fanno rumore
e che al mio paese non ho mai visto. Io non le conosco ancora
tutte e ti confesso che qualche volta m’impressionano assai.
Quando capita una macchinaccia di queste, non mi tirare
le redini, che mi impauriscono di più; ma accarezzami specialmente
sugli occhi, e parlami con voce buona; vedrai che rimarrò
tranquillo e non cercherò di fuggire.
Quando
mi fai governo non mi passare la striglia sulle gambe e
sulla testa; pensa che mi fai male e mi puoi produrre qualche
ferita. Quando sei di guardia scuderia non ti dimenticare
di passare la badia alla staccio; così leverai la polvere
che c’è sempre in mezzo e mi eviterai riscaldi.
Cerca
di capirmi e non sfogare mai il tuo nervosismo su di me.
Sappi che le mie origini sono remote, che Omero accennava
ai miei servigi nell’Illiade e nell’Odissea, e così Erodono
nella narrazione della spedizione di Ciro nel 583 a. c.
in Babilonia; che i romani mi adibirono al traino dei carri
e che quelli dei miei antenati, che avevano la fortuna di
avere un mantello bianco candido, furono prescelti per essere
attaccati alle bighe unitamente alle zebre. Papi e Clero
mi prescelsero per cavalcature e cerimonie.
Ed
in guerra, sulle bianche giogaie delle Alpi o sull’aspra
pietraia del Carso, attraverso disagi e privazioni, non
fui forse il fedele amico del combattente al quale portavo
il rancio caldo talvolta persino in trincea, ed i miei compagni
non vennero forse feriti e uccisi oppure ebbero la loro
brava ricompensa anche se questa fu loro concessa sotto
forma di aumento permanente della razione?
Non
dimenticare che so sopportare ogni privazione: freddo, fame,
sete, tormenta, fatica, “mostrando di avere la generosità
del cavallo guerriero e dell’asino contadino, la pazienza.
Qualche volta prossimo alla méta, una pallottola o una scheggia
ha mandato i miei compagni a gambe all’aria con tutto il
carico, giù in fondo al burrone.
Sii
sempre buono e paziente e pensa che anche noi siamo di carne
come te ed anche noi soffriamo.
E’
vero che ho dei difetti ma, credilo pure, non sono una bestia
feroce, e le mie orecchie tradiscono sempre le intenzioni
poco amichevoli. Chi non mi conosce bene ritiene che io
sia sospettoso, cattivo, caparbio, irrequieto, vendicativo,
ma chi vive la mia vita sa con quanta rassegnazione e volontà
io esplichi tutti i servizi anche i più gravi, e con quale
docilità e fedeltà io serva chi ha cura di me.
Caro
conducente, quando andrai in congedo e dovrai darmi in consegna
al conducente recluta, cerca di spiegargli bene i miei difetti,
e raccomandagli come deve trattarmi così mi risparmierai
un periodo di sofferenze, ed al dispiacere di vederti andar
via non dovrò aggiungere quello di capitare in mano ad un
coscritto poco pratico e cattivo.
qui per maggior chiarezza è trascritto
il testo della Preghiera senza i disegni che la corredano
|
Pur
nella sua serietà istituzionale, anche lo Stato Maggiore Esercito
sente il dovere di pubblicare questa preghiera “Il mulo al suo
conducente” inserita all’interno del Bollettino n°5675 “Istruzioni
sulle Salmerie”, edito nel 1968 dall’Istituto Poligrafico dello Stato,
che riprende quasi integralmente quella pubblicata in un foglietto
volante distribuito sul fronte greco a cura del Comando Superiore
Forze Armate. (documento gentilmente
concesso dal dott. Mario Gallotta, Gruppo Alpini Ferrara)
Il
mulo al suo conducente
1
- Ti servirò fino al sacrificio in pace ed in guerra; dammi
però ciò che mi necessita per servirti.
2
- Ricordati che nella guerra di montagna io solo passo dove
appena passi tu, ed io solo ti porto armi, viveri e notizie
dei tuoi cari.
3 - TRATTAMI CON DOLCEZZA E PAZIENZA,
se non vuoi rendermi nervoso e costringermi a sferrare qualche
calcio.
4
- Compatiscimi se talora – sulle strade deve tu mi conduci
e dove passano tante macchine rumorose – io mi spavento
e scappo. Che colpa ne ho? Non portarmi per le strade: sono
fatto per i monti e per le mulattiere.
5
- Non darmi strapponi alle redini; essi mi fanno male alla
bocca. Trattami bene, accarezzami e vedrai che farò quello
che vorrai.
6
- SONO RUVIDO E BRUTTO con le mie lunghe orecchie; ma sotto la
ruvidezza è la mia forza, la mia resistenza, la mia sobrietà
in pace ed in guerra.
7
- TIENIMI PULITO; e perciò adopera brusca e striglia tutti i giorni
fino a che non mi vedi tutto lustro; caso contrario intristirò
e dimagrirò per la sporcizia.
Ricordati
che un buon governo vale metà razione.
8
- Quando il pelo diventa lungo, fammi tosare; mi salverai
così dalle malattie parassitarie, specie dalla rogna, che
dovrai temere più della peste. Se vedi che, pur pulito,
mi gratto, fammi visitare.
9
- FAMMI LAVORARE TUTTI I GIORNI, se mi vuoi docile e allenato.
10-
Toglimi il basto e i finimenti appena terminato il lavoro.
Asciugami se sono bagnato o sudato, strofinami con paglia
od altro e riparami dalle correnti d’aria; mi salverai così
da reumatismi, tossi, polmoniti e coliche pericolose.
11-
In scuderia, specie di notte, desidero sdraiarmi per riposare
bene e lavorare meglio il giorno dopo.
12- SORVEGLIA I MIEI PASTI; dammi da bere e da mangiare possibilmente
ad orario, guarda che l’acqua sia pulita e che il fieno
e la biada siano di buona qualità e senza polvere; se li
rifiuto è segno che sono ammalato e devi farmi visitare.
13-
Durante le marce fammi bere dove si offra l’occasione di
una roggia, di una polla montana, ecc., specialmente nella
stagione estiva.
14-
Se venisse a mancarmi la razione, dammi un po’ di pane o
un po’ di galletta frantumata, un po’ di gramigna o altra
roba leggera.
15- SORVEGLIA LA MIA BARDATURA; fa che il basto sia adattato bene
al mio dorso, che mai mi sia cambiato, che sia bene imbottito
e che l’imbottitura sia periodicamente rinfrescata; se no
mi si producono delle noiose lesioni, dette fiaccature,
al dorso, al garrese, ecc., che mi rendono irrequieto pel
dolore e che, se sono trascurate, si piagano in misura tale
che non potrò servirti per molto tempo.
Ricordati
che: basto inadatto, mulo disfatto.
16- SORVEGLIAMI SULLE SALITE E DISCESE: accorciami la braca in discesa,
perché il carico non mi scenda sul collo e mi spinga a cadere,
allungami invece la braca quando vado in salita e, se la
salita è forte, accorciami il pettorale, perché il carico
non scenda sulle reni. In discesa tiemmi a guinzaglio lento
perché io possa vedere dove metto i piedi, ma sii pronto
a sostenermi se inciampo. Nelle salite lascia lungo il guinzaglio;
e non attaccarti alla mia coda, per farti trascinare vergognosamente.
Ricordati
che: mulo ben condotto, mulo sano e salvo alla méta.
17- SORVEGLIA I MIEI PIEDI TUTTI I GIORNI, affinché i ferri siano
sempre in ordine, ben saldi agli zoccoli, rinnovati a tempo
debito.
18-
Se perdo un ferro in marcia e se vuoi che io ti segua ovunque
fammelo riattaccare subito, perché “ferro perduto, mulo
perduto”. Mantieni puliti i miei zoccoli dalle immondizie
che vi si accumulano, specialmente sotto, così mi salverai
da varie malattie ai piedi.
19-
I buoni trattamenti varranno per me come gli encomi e le
ricompense per te.
20-
Quando andrai in congedo non dimenticare che ti ho servito
con tutte le forze e compensami nell’atto in cui mi dai
in consegna al nuovo conducente. Spiegagli i miei difetti,
digli che mi tratti bene e ne trarrà vantaggio.
21- RICORDATI TUTTE LE MIE BENEMERENZE A FAVORE DELL’ESERCITO, IN PACE
E IN GUERRA; e voglimi bene.
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Questa
ricerca è dedicata a tutti gli Artiglieri da Montagna/Artiglieri Alpini
e agli Alpini dei Reparti Salmerie,
che
hanno vissuto la naja, in guerra o in pace, fianco a fianco con
il loro mulo.
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