Nelle continue ricerche dedicate al nostro territorio, sono stato particolarmente colpito dalla breve, giovane, intensa, eroica vita di Antonio Brunetti, alpino combattente su ben tre fronti, poi per scelta, nella lotta partigiana fino al sacrificio della vita, che desidero onorare rinnovandone il ricordo “per non dimenticare”.
Antonio Brunetti nasce a Camugnano, paesino rurale nelle colline bolognesi, il 3 marzo 1920 da Angelo e Emma Bichecchi residenti in via Scania n° 8. I genitori, con tanti sacrifici, riescono a dare al figlio un minimo di istruzione fino alla quinta elementare, poi anche per lui il duro lavoro come bracciante agricolo. Molto probabilmente, alternando lavoro e passione sportiva, riesce ad acquistare una bicicletta “sportiva” e come dilettante partecipa ad alcune gare. Infatti nel ruolo matricolare alla voce “Cognizioni extra professionali” viene annotato Ciclista. Sempre nel ruolo matricolare sono annotati : altezza m. 1,70; capelli colore castani, occhi castani, colorito roseo,….ecc.
E così passano gli anni fino al compimento del diciannovesimo anno, quando 27 maggio 1939 viene chiamato alla visita di leva dal Distretto di Bologna, dichiarato abile arruolato.
Ai primi di marzo 1940 arriva la famosa cartolina rosa di chiamata alle armi dove viene indicato che è stato assegnato, con incarico di conducente muli, al 26° Reparto Salmerie del 6° Rgt. Alpini inquadrato nella Divisione Alpina "Tridentina" e che deve presentarsi al Deposito di Verona entro il 12 marzo. Qui svolge il prescritto addestramento alle armi. Con l’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno, arriva contemporaneamente l’ordine di partenza per il fronte occidentale (Francese). Giunge col reparto lunedì 17 giugno nel settore Baltea-Orco-Stura dove viene schierata la “Tridentina” di cui fa parte il 6° alpini. Con l’attacco alla Francia nella notte del 20 giugno, il suo reparto opera a Colle del Piccolo San Bernardo. Alcuni giorni dopo, esattamente martedì 25 finiscono le ostilità e viene firmato l’armistizio fra Italia e Francia. La divisione “Tridentina” viene quindi arretrata in Valle d’Aosta dove i reparti provvedono al loro riordinamento e successivamente, dal 14 agosto, in Val di Fiemme entrano in territorio dichiarato non in stato di guerra.
salmerie alpine sul fronte greco albanese |
Il 15 novembre rientra al Deposito di Verona. Trattenuto alle armi per esigenze di guerra, pochi mesi dopo, esattamente il 15 marzo 1941 sempre con il 26° Reparto Salmerie, si imbarca da Brindisi per il fronte greco albanese. Sbarcato a Durazzo il giorno dopo raggiunge la zona di operazioni della “Tridentina” dispiegata fra Guri i Topiz e il fiume Devoli. Per sua fortuna, ormai “il peggio” è passato su quel tragico fronte che ha visto per i lunghi mesi invernali tantissima sofferenza e tantissimi giovani vite lasciate sul campo di combattimento. La Divisione deve ancora affrontare comunque aspre situazioni di violenti e cruenti combattimenti ed il 4 aprile, con l’arrivo dall’Italia di nuovi contingenti per ricostituire i decimati reggimenti e battaglioni, inizia anche una impetuosa offensiva dell’esercito greco su quel fronte che vede cadere eroicamente in combattimento fra i tanti alpini e artiglieri alpini il Cap. Adriano Auguadri (da aggiornate ricerche è emerso che dal 1934 al 1939 risiedeva e lavorava a Bologna come bibliotecario comunale.) ed il Tenente Ferruccio Battisti (da aggiornate ricerche è emerso che negli anni della guerra risiedeva con la famiglia Bologna.) entrambi poi decorati “alla memoria” della Medaglia d’Oro. Dopo diversi giorni di continui combattimenti (le salmerie saranno impegnate all’inverosimile) inizia l’avanzata, o meglio la ritirata del nemico. Il 6° alpini incontra parecchi centri di resistenza ma raggiunge comunque l’obiettivo consolidando il fronte sulla linea Vaskap, Dersnik, Vodica, Bejkove. Il 23 aprile la Grecia firma la resa. La “Tridentina” viene dislocata a Librazhd e si sente già aria di rimpatrio.
la "Tridentina" sfila sul lungomare di Napoli. Fra i duemila
alpini
vi è anche Antonio......
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Il 4 luglio tutta la Divisione si imbarca a Durazzo ed il giorno dopo sbarca a Napoli, dove il giorno 10, rimesse in ordine le divise, spariti gli elmetti e “ritrovati” i cappelli alpini, viene passata in rivista dal Capo del Governo, il Duce, accompagnato dall'Ispettore delle Truppe Alpine Gen. Gabriele Nasci. All'imponente sfilata presenziano il Labaro Nazionale A.N.A. scortato dal Presidente Naz. On. Angelo Manaresi (bolognese) e da segretario nazionale. Sul giornale associativo L'ALPINO compare in prima pagina una dettagliata relazione e la fotografia della sfilata.
Il 13 luglio finalmente 26° Reparto Salmerie rientra al Deposito di Verona.
Antonio è inviato in licenza straordinaria di trenta giorni.
Il 22 agosto rientra al corpo con la speranza del congedo, invece viene trattenuto alle armi per effetto della Disposizione del Ministero della Guerra del 1° settembre 1941. Il 17 novembre viene inviato in “licenza agricola per semina” ed il 4 dicembre rientra al Corpo. Comincia a serpeggiare fra i reparti la notizia che si sta approntando un Corpo d’Arma Alpino destinato al fronte russo.
Il 28 febbraio 1942 viene trasferito dalle Salmerie a reparto combattente e come fuciliere è assegnato al battaglione “Val Chiese” sempre del 6° alpini (il comandante del Btg. era il bolognese Ten. Col. Policarpo Chierici di Sant’Agata Bolognese.)
il comandante Ten. Col. Chierici, a destra, passa in rassegna il
"suo"
Btg. "Val Chiese" in partenza per la Russia.
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Dopo diversi mesi di addestramento il 29 luglio giunge l’ordine di partenza per la Russia. Il 29 agosto il reparto è dislocato a Bolchoj, quindi a Podgornoje e dal 27 ottobre è sul Don a Belogorje. Nel gennaio 1943, con lo sfondamento del fronte da parte dei russi ed il forzato ripiegamento dell’Armata Italiana, il Btg. “Val Chieese” inizia lunedì 18 gennaio la drammatica odissea. Freddo intensissimo che porta al congelamento, fame mai saziata e sanguinosi combattimenti per aprirsi la strada verso la salvezza, segnano il tragitto fino al 26 gennaio quando viene affrontata l’ultima decisiva battaglia a Nikolajewka che viene vinta con particolare valore e sacrifici di vite dai reparti alpini. Siamo fuori dalla sacca, è il grido disperato dei superstiti. La marcia del “Val Chiese” comunque continua fino al 6 febbraio quando giunge nella cittadina ucraina di Kharkov. Accolti dalle crocerossine per il primo bagno ed un “pasto caldo” arriva anche l’ordine di partenza per il rientro in Italia. Domenica 14 febbraio il treno arriva al Brennero.
Dopo quindici giorni trascorsi al campo contumaciale di Dobbiaco, arriva la tanto desiderata licenza di trenta giorni. Il rientro a Camugnano avviene fra gioia e lacrime dei genitori ed amici. Ai primi di aprile rientra al Corpo e sicuramente sarà stato oggetto di tante domande da parte delle reclute al “veterano di Russia”. Pochi mesi dopo, esattamente il 25 luglio, cade il governo Mussolini. La settimana successiva, mercoledì 8 settembre, assiste al generale sbandamento del Regio Esercito e riesce a rientrare a casa a Camugnano.
Il giorno dopo, giovedì 9 settembre, saluta nuovamente i genitori e sceglie di unirsi ai reparti partigiani che già operano nella zona. Nel suo ruolo matricolare infatti viene indicato che : Ha fatto parte come volontario della formazione partigiana Stella Rossa Lupo ed è equiparato ai militari che hanno aderito alle nuove unità regolari delle Forze Armate italiane, riconosciuto partigiano dal 9 settembre 1943 al 6 settembre 1944.
Per un anno partecipa come partigiano “semplice” alle operazioni contri i fascisti che si svolgono nell’appennino tosco emiliano. Agli inizi di settembre 1944 viene purtroppo catturato dalle guardie repubblichine e dopo “sommario interrogatorio” viene fucilato “per dare un esempio” la mattina di mercoledì 6 settembre proprio a Camugnano. Nel dopoguerra, rintracciata la tomba, viene traslato nel Monumento Ossario ai Caduti Partigiani della Certosa di Bologna ed è ricordato nel Sacrario dei caduti partigiani di Piazza Nettuno a Bologna.
A Camugnano, in località Poggio (via Marconi) luogo della fucilazione, viene eretto un monumento a ricordo del suo sacrificio, ancora oggi meta di appropriate cerimonie commemorative.