Uomo
difficile - sentenziò il comandante del battaglione
rivolgendosi a Cuzzi, l'aiutante maggiore che gli stava
accanto, quando vide giungere alla baracca-comando il
giovane ed elegante pretino in sella a Contrin, il suo
mulo preferito perchè sempre di buon umore. Ed
aggiunse - cavallerizzo per giunta - quando con disinvolta
eleganza scese dal quadrupede.
Notate che quel giudizio di uomo difficile era giustificato.
Il giovane sacerdote era elegantino anzichè no.
Veste nera irreprensibile, tricorno con otto riflessi
- come si usava dire un tempo per un cappello a cilindro
veramente chic - occhiali cerchiati d'oro,
personale sottile per quanto tendende al paffutello,
rasatissimo, aria intelligente. Inoltre, sceso dal mulo,
si presentò in perfetto stile militare: - tenente
cappellano don Giovanni Santini. (1)
Una smentita più rapida del suo giudizio il comandante,
che aveva il dono di pesare esattamente a colpo d'occhio
le persone che gli capitavano sottomano, credo non l'abbia
mai ricevuta. Alcune frasi pronunciate dal cappellano
in una conversazione telefonica, alla quale era stato
chiamato di urgenza mentre il maggiore gli dava il benvenuto,
bastarono a persuaderlo che il suo uomo difficile era
degno di vivere nel battaglione, nel quale tutti erano
difficili ma soltanto per il nemico.
Da dove veniva? Da un ospedale territoriale, dove aveva
servito fino al giorno prima come soldato di sanità
e dove aveva prodigato la sua generosità di autentico
romagnolo, la sua capacità, la sua bontà,
il suo spirito di sacrificio. Ma questo lo seppimo molto
ma molto tempo dopo che egli non amava accennare al
suo passato militare, per quanto fosse lodevolissimo.
Per conoscere le sue doti di arditezza o, per lo meno,
di coraggio, non vi fu bisogno di metterlo alla prova.
Il mattino dopo del suo arrivo, indossato il grigioverde
colla sua fiammante croce rossa sul petto, partiva per
visitare i reparti in prima linea dove simpatizzava
e famigliarizzava subito cogli ufficiali e faceva ottima
impressione ai nostri alpini, tutti più anziani
di età di lui, i nostri vecchi sempre così
difficili verso l'ultimo arrivato. Quel giorno per avvisarlo
che lo si attendeva alla mensa si dovette cercarlo attraverso
tutti i cicalini della linea. Arrivò in ritardo
ma il comandante non fiatò.
La posizione presidiata dal battaglione si poteva considerare
fra le più tranquille di tutta la zona; qualche
colpo di cannone, qualche raffichetta di mitragliatrice,
qualche ta-pum dei cecchini, venivano a ricordarci di
tanto in tanto che eravamo in prima linea. Di questa
relativa calma ne approfittavamo per lavorare intensamente
a preparare gallerie, baracche, postazioni blindate
che rafforzavano sempre di più la linea, animati
da una costante ardente speranza, che ci giungesse l'ordine
di avanzare. Il nostro sogno era: sboccare alle spalle
di Trento.
Questa tranquillità non andava a genio al nostro
cappellano, che un giorno presentò al comandante
la domanda di essere sostituito.
- Come - scattò il maggiore - ne avete già
abbastanza del fronte?
- Di questo fronte si, signor maggiore. Qui si vegeta
e sulla Bainsizza si muore; là è il mio
posto. (Ardevano allora i furiosi combattimenti su quell'altipiano)
- Là, là, caro cappellano. Qui oramai
ci conosciamo bene, tutti vi vogliono bene. Non intendiamo
perdervi. Pazientate; vedrete che verranno i tempi in
cui questa tranquillità la sconteremo largamente
-.
E vennero, con Caporetto.
Don Santini nel dopoguerra. Sul petto
porta con orgoglio le numerose
decorazioni al valor militare che gli sono
state conferite. |
Passo
del Broccon, con citazione sul bollettino del Comando
Supremo: Monte Tomatico, i Solaroli, Cason del Sole
e poi ancora i Solaroli. Il battaglione in poco più
di un mese si riduce da mille uomini a duecentocinquanta
e si merita la proposta di una medaglia d'argento al
valor militare. Quindi su quota 704 in Val d'Adige,
per ritornare sul Grappa, all'Archeson, al Valico delle
Mura e di bel nuovo ai Solaroli.
Don Sanntini è nel suo elemento.
A Monte Tomatico, dove il nemico ci attaccava con ostinato
furore, il nostro prete accorso sulla linea di fuoco,
dove non esisteva alcun riparo, ed al comandante del
battaglione che lo esorta a stabilirsi al posto di medicazione
risponde che prima di tutto egli era soldato italiano.
Oh! la meravigliosa opera di quest'uomo! Sempre in mezzo
ai soldati, incitatore, animatore, confortatore, propagandista
di valore, di coraggio, di serenità, dandone
luminoso esempio col suo calmo sprezzo del pericolo
al punto da farci persuasi ch'egli cercasse la bella
morte in comattimento. Infaticanbile, sorretto da una
forza arcana che gli impediva di logorarsi, quasi che
oltre l'anima gli alimentasse anche il corpo, egli era
sempre in giro per le trincee, di giorno e di notte;
in più si accollava, nel bisogno, anche servizi
che esorbitavano dai compiti del suo ministero. Un giorno
lo troviamo funzionante da aiutante maggiore e se la
cava superbamente; un'altro, valido assistente del medico;
e ancora, comandante di reparto in momenti critici assai
delicati e persino guida sul campo di battaglia.
A propopsito: arriva un giorno al comando di battaglione
nella regione del Grappa, quel pò pò di
valoroso soldato ch'era il colonnello Ragni, coi dipendenti
comandanti dei battaglioni e rispettivi aiutanti maggiori
del suo gruppo alpino, per riconoscere il terreno d'accesso
ad una posizione dominante data come sgombra dal nemico
e che egli doveva presidiare.
Don Santini, aggiorno della situazione, afferma che
il monte è in mano agli austriaci e ben munìto.
Ne nasce un'animata discussione pro e contro che Ragni
tronca con:
- Andiamo a vedere. Voi cappellano siete pratico della
zona? Si! Ebbene fateci da guida. -
Vanno e tutti assieme vedono, come si suol dire, le
streghe. Accolti da un inferno di sparatoria con tutte
le armi, dal fucile ai medi alibri, quando erano bene
allo scoperto, se la cavarono dopo qualche oretta perchè
la fortna è cogli audaci. Il nostro cappellano
fu felice d'avere concorso a risparmiare un'amara sorpresa
al battaglione e quando il colonnello lo abbracciò
ringraziandolo gli parve di avere ricevuto la massima
ricompensa.
Non mancava il buon umore a don Giovanni e la frase
lepida specie nei momenti difficili. Ci sarebbe da raccontarne
se lo spazio lo permettesse, come quando in uno degli
ultimi combattimenti sul Grappa, egli incanalava la
truppa del battaglione verso un punto prestabilito per
l'attacco stando allo scoperto sotto un violento tiro
nemico di interdizione ed i soldati ad invitarlo a scendere
nel camminamento ed egli ad incitarli burlescamente
perchè proseguissero sveltamente senza pensare
a lui.
- Avanti ragazzi, avanti bisogna far presto. Coraggio
burdei, coraggio, che paura ne ho io per tutti. -
Don Santini, al centro, con alcuni dei cappellani
militari soci della
Sezione presenti all'Adunata Naz. Alpini
di Roma del 1929.
A sinistra don Antonio Benini, a destra don Andrea
Balestrazzi e sempre a destra in basso don Amedeo
Girotti. |
L'armistizio
coglie il battaglione oltre il Piave e don Santini ha
tre proposte di medaglie al valore per tre differenti
fatti d'arme ed inoltrate da tre diversi comandanti
di battaglione.
Vi fu bisogno di un cappellano che dirigesse il pietoso
e macabro lavoro di seppellimento dei morti nostri e
nemici sul Grappa, dopo la vittoria. Vi andò
il nostro, che visse lassù nell'orribile carnaio
per un mese e compì, con tutta la carità
di sacerdote ardente di fede ed innamorato della sua
missione, l'opera pietosa e misericordiosa.
Scende agli accantonamento del battaglione a Natale.
Qui non trova il suo vecchio ed amato comandante; qui
dimostra come anche avendo nelle vene il più
bollente sangue romagnolo si possa dominare se stessi
ed esercitare la difficile via della pazienza. Ma non
sono i colleghi di grado che lo mettono alla prova.
Finchè un giorno sconfortato chiese di essere
congedato.
Parte,
col cuore esulcerato, triste, stanco, invecchiato.
Ma non è lui solo che ne soffre. Tutti lo vediamo
partire con dolore conme se ci abbandonasse per sempre
la persona a noi più cara.
Alla stazione ferroviaria di San Donà di Piave
in un nebbioso e freddo mattino di febbraio, mentre
il treno che lo porta in patria si avvia sul marciapiede
c'è un capitano che lo saluta coi lacrimoni agli
occhi. Un capitano che aveva fama di essere un mangiapreti.