albo d’oro degli alpini bolognesi romagnoli

8 settembre 1943-25 aprile 1945 : "gli alpini e artiglieri da montagna CADUTI su fronti opposti"

il Caporale alpino Giovanni Battista Palmieri : Medaglia d'Oro al valor militare

di Giuseppe Martelli

pubblicato il 1° aprile 2017

Rileggendo e catalogando gli oltre 5.000 ruoli matricolari ritrovati nelle continue ricerche dedicate al nostro territorio, pur conoscendone già l'eroica, giovane, intensa vita del Caporale alpino Giovanni Palmieri, che dopo la naja, sceglie la via di combattente nella lotta partigiana fino al sacrificio della vita e, pur essendo già ricordato in altra parte del sito fra le nostre Medaglie d'Oro, ne desidero onorare e rinnovare il ricordo “per non dimenticare” anche fra gli alpini e artiglieri da montagna CADUTI su fronti opposti.

 

Giovanni Battista Palmieri, che sarà sempre chiamato e conosciuto come Gianni, nasce a Bologna il 16 dicembre 1921.


il ruolo matricolare rintracciato

Il padre Giovanni Giuseppe, detto Gian Giuseppe, valoroso ufficiale degli alpini nella Grande Guerra, decorato di medaglia d’argento al valore militare ed una promozione per meriti di guerra, è fra i primi ad aderire nel 1923 alla neo costituita Sezione bolognese romagnola e con questi valori educa il figlio.

Educato nei valori dell’alpinità, è un ottimo studente universitario nella facoltà di medicina quando, nel 1941, è chiamato al servizio militare destinato al corso ufficiali presso la Scuola Centrale Militare di Alpinismo ad Aosta. Il 27 febbraio, alla partenza, il padre gli consegna la penna per il cappello con la quale ha fatto la guerra. Nella sua corrispondenza da Aosta ricorda spesso questo simbolico testimone, del quale è fiero, con la promessa di onorarlo nell’adempimento del dovere, indicando come prospettiva futura il desiderio di unirsi al padre per partecipare alle manifestazioni alpine.

Educato nei valori dell’alpinità, è un ottimo studente universitario nella facoltà di medicina quando, nel 1941, è chiamato al servizio militare destinato al corso ufficiali presso la Scuola Centrale Militare di Alpinismo ad Aosta. Il 27 febbraio, alla partenza, il padre gli consegna la penna per il cappello con la quale ha fatto la guerra.

Affronta gli esami e consegue il 16 aprile il grado di caporale quando comincia a manifestarsi una noiosa malattia ai bronchi che lo costringe a cure e licenze di convalescenza a causa delle quali non riesce a completare il corso per la nomina ad Aspirante Ufficiale degli alpini a cui aspira. Come caporale presta poi servizio dal 20 dicembre nell'11° Rgt. Alpini a Trento. Il 20 giugno 1943 viene congedato per fine ferma e riprende gli studi universitari.

Nel giugno 1944 richiamato alle armi dalla Repubblica Sociale non si presenta e viene dichiarato disertore. Abbandona l’università e si aggrega momentaneamente alle formazioni partigiane operanti nell’alta valle del Santerno con l’intento di raggiungere la 2ª Brigata “Jacchia” che opera nella valle del Sillaro e comandata da un suo compagno di studi. Problemi contingenti del particolare momento lo costringono a desistere e si unisce alla 36ª Brigata Garibaldi “Bianconcini” che opera sempre nella valle del Santerno, dove assume l’incarico quale responsabile del servizio sanitarioed il nome di battaglia di Gianni.

Nel settembre 1944 durante una sosta in una casa colonica a Cà di Guzzo in località Belvedere, il suo reparto viene circondato dai tedeschi con i quali si accende un aspro scontro. Dopo aver resistito alcuni giorni, la mattina del 28 i superstiti riescono ad aprirsi un varco e mettersi in salvo. Gianni, pur consapevole di ciò cui va incontro, si rifiuta di abbandonare i compagni feriti. Catturato, viene lasciato vivo ed aggregato come medico nel contingente tedesco, mentre tutti i feriti e civili presenti a Cà di Guzzo, escluse le donne, sono uccisi con un colpo alla testa. Con l’avanzata dell’esercito alleato ed il conseguente ripiegamento, quello scomodo testimone viene soppresso. Il suo cadavere è ritrovato alcuni mesi dopo a poche centinaia di metri di distanza in località Le Piane. Ai piedi non ha più gli inseparabili scarponi “vibram” degli alpini ricevuti ad Aosta. A lui viene dedicato un plotone di partigiani del Gruppo di Combattimento “Legnano” che continua nel suo nome la lotta di liberazione. Sepolto per umana pietà nel cimitero di Piancaldoli, la salma viene riesumata nell’ottobre 1945 ed il giorno 20 si svolgono ad Imola i funerali e le solenni onoranze concluse con la sepoltura nel cimitero della Certosa a Bologna. Alla memoria viene decretata il 30 ottobre 1946 la medaglia d’oro al valore militare. Negli anni dell’immediato dopoguerra gli sono intitolate una via a Bologna, un’ala dell’istituto del Radio all’ospedale S. Orsola, la scuola di radiologia ed un rifugio a Croda da Lago nelle valli di Cortina d’Ampezzo.
Quale studente caduto in guerra l'Università di Bologna in data 7 dicembre 1946 conferì la laurea "honoris causa" proclamandolo Dottore in Medicina e Chirurgia.

Con Decreto del 16 marzo 1947 gli viene conferita la Medaglia d'Oro al valor miilitare "alla memoria" con questa motivazione:

“Studente Universitario del 6° anno di medicina, volontariamente si arruolò nella 36ª Brigata Garibaldina, assumendo la direzione del servizio sanitario. Durante tre giorni di aspri combattimenti contro soverchianti forze tedesche, si prodigò incessantemente ed amorevolmente a curare i feriti, e quando il proprio reparto riuscì a sganciarsi dall’accerchiamento nemico, non volle abbandonare il suo posto e, quale apostolo di conforto, conscio della fine che lo attendeva, restò presso i feriti affidati alle sue cure. Ma il nemico sopraggiunto non rispettò la sublime altezza della sua missione e barbaramente lo trucidò. Esempio fulgido di spirito del dovere e di eroica generosità.” Cà di Guzzo, Romagna, 30 settembre 1944.