Rileggendo e catalogando gli oltre 5.000 ruoli matricolari ritrovati nelle continue ricerche dedicate al nostro territorio, pur conoscendone già l'eroica, giovane, intensa vita del Caporale alpino Giovanni Palmieri, che dopo la naja, sceglie la via di combattente nella lotta partigiana fino al sacrificio della vita e, pur essendo già ricordato in altra parte del sito fra le nostre Medaglie d'Oro, ne desidero onorare e rinnovare il ricordo “per non dimenticare” anche fra gli alpini e artiglieri da montagna CADUTI su fronti opposti.
Giovanni
Battista Palmieri, che sarà sempre chiamato e conosciuto come Gianni, nasce
a Bologna il 16 dicembre 1921.
il ruolo matricolare rintracciato
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Il padre Giovanni Giuseppe, detto Gian Giuseppe, valoroso ufficiale
degli alpini nella Grande Guerra, decorato di medaglia d’argento al
valore militare ed una promozione per meriti di guerra, è fra i primi
ad aderire nel 1923 alla neo costituita Sezione bolognese romagnola
e con questi valori educa il figlio.
Educato nei valori dell’alpinità,
è un ottimo studente universitario nella facoltà di medicina quando,
nel 1941, è chiamato al servizio militare destinato al corso ufficiali
presso la Scuola Centrale Militare di Alpinismo ad Aosta. Il 27 febbraio,
alla partenza, il padre gli consegna la penna per il cappello con
la quale ha fatto la guerra. Nella sua corrispondenza da Aosta ricorda
spesso questo simbolico testimone, del quale è fiero, con la promessa
di onorarlo nell’adempimento del dovere, indicando come prospettiva
futura il desiderio di unirsi al padre per partecipare alle manifestazioni
alpine.
Educato nei valori dell’alpinità,
è un ottimo studente universitario nella facoltà di medicina quando,
nel 1941, è chiamato al servizio militare destinato al corso ufficiali
presso la Scuola Centrale Militare di Alpinismo ad Aosta. Il 27 febbraio,
alla partenza, il padre gli consegna la penna per il cappello con
la quale ha fatto la guerra.
Affronta gli esami e consegue il 16 aprile
il grado di caporale quando comincia a manifestarsi una noiosa malattia
ai bronchi che lo costringe a cure e licenze di convalescenza a causa
delle quali non riesce a completare il corso per la nomina ad Aspirante Ufficiale
degli alpini a cui aspira. Come caporale presta poi servizio dal 20 dicembre nell'11° Rgt. Alpini a Trento. Il 20 giugno 1943 viene congedato per fine ferma e riprende
gli studi universitari.
Nel giugno 1944 richiamato alle armi dalla
Repubblica Sociale non si presenta e viene dichiarato disertore. Abbandona
l’università e si aggrega momentaneamente alle formazioni partigiane
operanti nell’alta valle del Santerno con l’intento di raggiungere
la 2ª Brigata “Jacchia” che opera nella valle del Sillaro e
comandata da un suo compagno di studi. Problemi contingenti del particolare
momento lo costringono a desistere e si unisce alla 36ª Brigata Garibaldi
“Bianconcini” che opera sempre nella valle del Santerno, dove
assume l’incarico quale responsabile del servizio sanitarioed il nome di battaglia di Gianni.
Nel settembre
1944 durante una sosta in una casa colonica a Cà di Guzzo in località
Belvedere, il suo reparto viene circondato dai tedeschi con i quali
si accende un aspro scontro. Dopo aver resistito alcuni giorni, la
mattina del 28 i superstiti riescono ad aprirsi un varco e mettersi
in salvo. Gianni, pur consapevole di ciò cui va incontro, si rifiuta
di abbandonare i compagni feriti. Catturato, viene lasciato vivo ed
aggregato come medico nel contingente tedesco, mentre tutti i feriti
e civili presenti a Cà di Guzzo, escluse le donne, sono uccisi con
un colpo alla testa. Con l’avanzata dell’esercito alleato ed il conseguente
ripiegamento, quello scomodo testimone viene soppresso. Il suo cadavere
è ritrovato alcuni mesi dopo a poche centinaia di metri di distanza
in località Le Piane. Ai piedi non ha più gli inseparabili scarponi
“vibram” degli alpini ricevuti ad Aosta. A lui viene dedicato un plotone
di partigiani del Gruppo di Combattimento “Legnano” che continua
nel suo nome la lotta di liberazione. Sepolto per umana pietà nel
cimitero di Piancaldoli, la salma viene riesumata nell’ottobre 1945
ed il giorno 20 si svolgono ad Imola i funerali e le solenni onoranze
concluse con la sepoltura nel cimitero della Certosa a Bologna. Alla
memoria viene decretata il 30 ottobre 1946 la medaglia d’oro al valore
militare. Negli anni dell’immediato dopoguerra gli sono intitolate
una via a Bologna, un’ala dell’istituto del Radio all’ospedale S.
Orsola, la scuola di radiologia ed un rifugio a Croda da Lago nelle
valli di Cortina d’Ampezzo.
Quale studente caduto in guerra l'Università di Bologna in data 7 dicembre 1946 conferì la laurea "honoris causa" proclamandolo Dottore in Medicina e Chirurgia.
Con Decreto del 16 marzo 1947 gli viene conferita la Medaglia d'Oro al valor miilitare "alla memoria" con questa motivazione:
“Studente
Universitario del 6° anno di medicina, volontariamente si arruolò
nella 36ª Brigata Garibaldina, assumendo la direzione del servizio
sanitario. Durante tre giorni di aspri combattimenti contro soverchianti
forze tedesche, si prodigò incessantemente ed amorevolmente a curare
i feriti, e quando il proprio reparto riuscì a sganciarsi dall’accerchiamento
nemico, non volle abbandonare il suo posto e, quale apostolo di conforto,
conscio della fine che lo attendeva, restò presso i feriti affidati
alle sue cure. Ma il nemico sopraggiunto non rispettò la sublime altezza
della sua missione e barbaramente lo trucidò. Esempio fulgido di spirito
del dovere e di eroica generosità.” Cà di Guzzo,
Romagna, 30 settembre 1944.