rassegna stampa da L’ALPINO
periodico dell’Associazione Nazionale Alpini

MEDAGLIONI ALPINI
Tenente Caimi
*di Italo Gori

pubblicato il 15 maggio 2011
testo trascritto da Giuseppe Martelli
dalla propria collezione cartacea de L'ALPINO


l'articolo pubblicato sul giornale L'ALPINO del 5 gennaio 1921 che comprende
il solo testo, le fotografie sono state aggiunte per rendere più completa la pagina




Un'immagine di Cima Grappa con l'afflusso delle truppe inviate per la battaglia decisiva.

Dicembre 1920.

Tre anni fa in questi giorni, ricordate alpini del Feltre, l'inferno del Grappa?
L'11 cominciò il primo bombardamento; il 12 a Cima Valderoa, la 66ª era di rincalzo alle altre Compagnie del Battaglione. Il monte pareva sprofondare, inabissarsi. I sibili lamentosi, gli schianti, le vampe del fuoco accioccanti, si susseguivano senza fine. Tutto ardeva; la terra lacerata, s'apriva in buche aride, eruttando in un denso nuvolone di fumo, sassi infuocati.
In mezzo alla bufera di ferro e fuoco, un uomo capeggiava alto e sicuro; era il Tenente Caimi della 66^, l'eroe che poi fu chiamato leggendario. Io lo vidi per un momento solo, come in una visione, mentre trasportava, arrancando, una cassa di petardi in galleria, per il plotone pronto ad accorrere nella trincea vicina. Lo vidi comparire e sparire nella nebbia del fumo, che faceva appena intravvedere i lampi e gli uomini chini, che correvano in linea a rimpiazzare i caduti. Udii la sua voce possente : - Alpini, vendicate Fontana Secca!. -
E la sua persona invunerabile, sola con la morte, che più volte in attacchi disperati tentava di abbatterlo, dominava la posizione. Alla sera, cessati l'impeto e la foga nemica, Egli era fra noi raggiante nel vederci ancora salvi e desiderosi di entrare nella mischia. Ed aveva per tutti una parola buona, una parola di conforto, d'incitamento e di lode.
"Non passano, state sicuri, siamo qui noi". Questo voleva dire : "Sacrificatevi, finchè ci sarà un Alpino, il monte sarà nostro".

La mattina del 13 fummo destati, ognuno nel suo baracchino, dall'ostinato bombardamento. Dal vano del nostro piccolo ricovero, scorgevamo in un'alba di fuoco, fin giù nella pianura, i lampi e le nuvole bianche degli shrappnels, che parevano scaturire dalla terra graffiata. Ogni tanto la nostra tana era scossa, quasi volesse sprofondare, dai colpi tremendi; la pioggia dei sassi e del terriccio, s'abbatteva sul tetto fragile.

"Fuori ! - gridò una voce - tutti in galleria!"
Ci precipitammo col fucile, il tascapane, tra il fumo denso e l'impeto della bufera infernale. Fuori, come ombre, correvano con le barelle vuote i portaferiti, e venivano giù poco dopo col loro carico dolorante. Niente altro.
Nella mattina la 64ª e la 65ª furono impeto supremo che magnificava. Fu una lotta epica di giganti, da Alpini; esaurite le munizioni, in un impeto supremo che magnificava tutta la loro forza, essi ricacciarono il nemico coi macigni, coi sassi scavati nella terra infuocata.



Ricovero-galleria per la truppa sul Monte Grappa.


Non vedemmo il Tenente Caimi; temevamo per lui. L'Attesa era impaziente; dentro la galleria aspettavamo l'ordine di correre in trincea. Fuori continuava il brontolio sordo ed interminabile. Finalmente udimmo la voce nota : "Uscite, prendete il camminamento a destra, fate attenzione perchè a pochi passi c'è un posto scoperto". E scomparve. Appena giunti sul luogo indicato, ove la rabbia del fuoco aveva abbattuto e sconvolto i ripari, fummo investiti da una raffica di mitragliatrice e costretti a gettarci a terra. Rimanemmo diverso tempo sotto l'inferno che si scatenava con un soffio possente. Tre dei nostri compagni, in capo alla fila, erano rimasti fulminati; qualcuno si lamentava. Un alpino passò di corsa sul ciglio; mi cadde sopra. Le sue membra ebbero un fremito; percepii gli ultimi palpiti della sua vita quasi fosse unita alla mia e il cuore arrestarsi. Rabbrividii.... Poi, quando la notte stese la sua ombra sopra la terra martoriata, giungemmo in trincea col carico sacro dei morti e dei feriti. Lo stupore, la meraviglia nostra, fu nel vederci comparire dinnanzi il Tenente Caimi. Com'era giunto? come si era salvato da quell'inferno? Innanzi ai morti, tre ragazzi del '99, si scoprì con mossa fraterna, pietosa; si chinò su loro, accarezzandone i capelli. "Poveretti" disse. Poi rivolgendosi a noi; "Andate a riposare, domani ci sarà da fare qualcosa. All'erta, questa notte" E se ne andò a sua volta cantando:
Sul cappello che noi portiamo sta una lunga penna nera, che a noi serve da bandiera, su pei monti a guerreggiar.
E l'indomani fu il più bel giorno della nostra storia, Alpini del "Feltre".
La notte passò calma, senza una fucilata; alla mattina ci destammo sicuri, impazienti di vendicarci, di far scontare con la più tremenda delle rappresaglie l'inutile rabbia nemica. Ma verso mezzogiorno, l'inferno raddoppiò d'intensità; di fronte, alle spalle, ai fianchi, la posizione era battuta furiosamente dal fuoco. "Non passano! non passano" si gridava. In linea c'erano ancora gli avanzi del "Valcamonica" o del "Feltre". Il nemico sembrava, certo di riuscire, sicuro che sul Grappa regnasse ormai la morte. Noi l'attendevamo riparati alla meglio, nelle trincee sconvolte, come avvinti, attanagliati alla roccia, ma sempre pronti a scattare al momento opportuno.


Il Tenente Giuseppe Caimi. Sulla sinistra
la statua in legno della Madonna da lui
integliata e donata al Cappellano don
Luigi Agostini per le celebrazioni religiose.

Da un punto all'altro, il Tenente Caimi, calmo, incoraggiava, esortava, incitava i suoi Alpini a resistere fino all'ultima goccia di sangue, fino all'ultimo respiro. Sette contrattacchi furibondi, sette vittorie disperate, riconsacrarono quel giorno la nostra gloria, dopo quella del Cauriol. Sempre avanti, a capo scoperto, il Tenente Caimi guidava vittoriosamente i resti del Battaglione. Ma la morte, che fino allora in tante lotte disperate lo aveva risparmiato, ebbe il sopravvento.
In un attacco fuorioso, mentre gridava ancora una volta : "Avanti, avanti, non passeranno! Viva l'Italia", una raffica di mitraglia, lo abbattè. Il corpo rotolò giù per la china, colpito da sette pallottole. Resprava ancora; ebbe la forza di gridare un'ultimo : "Avanti!" ai suoi Alpini, che inseguivano con impeto furioso, baionette alle reni, il nemico, ricacciandolo dalle posizioni. Al portaferiti accorso, che pietosamente lo sollevò dalla pietosa pozza di sangue, ove già rantolava, disse : "Sono felice di averli visti fuggire!"
Al posto di medicazione, il Cappellano, scorgendo il carico glorioso e quel viso grumoso, irriconoscibile, chiese ansiosamente :"Chi è?"
L'eroe, dal volto sfigurato, si levò fiero dalla cintola in su, gettò tutta la sua grandezza sopra gli astanti : "Sono il Tenente Caimi!" e ricadde nel proprio sangue.
Prima di morire, dopo quattro giorni di sofferenze atroci, al fratello inseparabile che l'assisteva, parlava dei suoi Alpini, dei suoi soldati che aveva visto lottare terribilmente, vincere e morire sulla terra dilaniata, arsa, rossa di sangue, gridando : "Di qui non si passa!"
La sua agonia fu breve. Spirò col nome di due idoli sulle labbra : la Mamma e la Patria. (a)

S. Tenente Italo Gori
Battaglione "Feltre"


*Italo Gori, nasce il 17 giugno 1898 nella Repubblica di San Marino, da genitori originari di San Mauro di Romagna (poi San Mauro Pascoli n.d.r.). Il padre Giuseppe si era trasferito nel 1889 a San Marino per aver ottenuto la cattedra di insegnante nel Ginnasio Governativo e nel 1897 si sposa con Tina Vacchi. Volontario nel Regio Esercito Italiano negli alpini, Caporale del "Feltre" decorato di medaglia di bronzo nell'azione a Cima Valderoa del dicembre 1917 che racconta come protagonista. Nel settembre 1918 è inviato al corso ufficiali presso la scuola militare di Modena ed il 12 gennaio 1919 viene promosso al grado di Sottotenente sempre del "Feltre". Mandato in congedo nel 1920 rientra a casa. Con la nascita a Milano dell'Associazione Nazionale Alpini nel luglio 1919 è fra i primi ad iscriversi come socio, ne è testimonianza questo articolo pubblicato nel gennaio 1921. (La Sezione bolognese romagnola nascerà l'anno successivo, nel novembre 1922). Sappiamo che ha partecipato come volontario con Gabriele D'Annunzio all'impresa di Fiume e che D'Annunzio, del quale era Aiutante di Campo, lo soprannominò "San Marino". Con la nascita della Sezione vi trasferisce l'iscrizione (era iscritto a Milano sede nazional) come confermato da un ritrovato vecchio tabulato soci del 1925 della Sezione. Nel 1924 si laurea in Giurisprudenza, ma non ho trovato notizia documentata in quale Università. Nuovamente volontario nella seconda guerra mondiale partecipa alla campagna di Russia come Tenente, avendo ottenuto l'avanzamenti di grado nel 1930 in quanto "trasferito in Italia" in Provincia di Macerata poi trasferito a Rimini nel 1940. A Rimini dove svolge la professione di avvocato, è stato anche Capogruppo del Gruppo di Rimini dal 1958 fino al 1987, anno in cui lascia la guida per motivi di salute e di età; muore tre anni dopo nel 1990 con il grado di Maggiore degli alpini ed è sepolto per sue volontà nel cimitero di Montalto a San Marino. Dopo attuali ricerche e le notizie cortesemente concesse dalla (1) Biblioteca di Sato di San Marino, va precisato che, come il padre, Italo Gori era solo residente a San Marino e non è mai stato cittadino sammarinese ed il suo nome non compre fra i cittadini sammarinesi volontari "alpini", mentre in elenco vi sono Fattori Marino, Giuliano Gozi e Sadj Serafini. Infatti il padre aveva mantenuto la cittadinanza italiana ed era stato nominato Regio Console di Sua Maestà il Re d'Italia in San Marino.
Ho un chiaro ricordo di lui avendolo conosciuto e frequentato per molti anni, io giovane consigliere sezionale e lui maturo capogruppo. Spesso, in occasione delle periodiche riunioni mi raccomandava di "continuare a far vivere ciò che loro, fondatori dell'Ass. Naz. Alpini, avevano creato; la grande famiglia alpina".


(a) Il Tenente Caimi Giuseppe, ricordato da Italo Gori, fu decorato di medaglia d'Oro al valor militare "alla memoria", ed è già ricordato nel sito alla pagina : M.O.- Caimi
note: Ricoverato presso l'ospedale militare di Ravenna, qui muore il 26 dicembre 1917, quattro giorni dopo essere stato gravemente ferito e viene tumulato nella tomba di famiglia a Milano.

(1) Desidero qui ringraziare la dott.ssa Claudia Malpeli della Biblioteca di Stato di San Marino per le preziosi, documentate notizie biografiche di Giuseppe Gori, che mi hanno permesso di aggiornare la biografia di Italo Gori.