Richiamate in vita le quarte compagnie dei battaglioni coi loro numeri di guerra, arricchiti i loro effettivi le batterie Alpine, è stato possibile quest'anno nelle consuete esercitazioni estive testè conclusesi colle grandi manovre, sfruttare l'accrescimento della forza alle armi, sviluppando una attività che si può definire senza precedenti. Compagnie e batterie, battaglioni e gruppi, reggimenti, comandi superiori hanno giostrato la montagna in lungo e in largo e non paghi di battere le loro valli di origine, nelle quali erano abituati, per lunga tradizione, a svolgere quasi esclusivamente il loro addestramento, si sono recati ad animare coi loro uomini, coi loro muli, coi loro dialetti, coi loro canti, colla loro operosità, altre vallate. E così il Comando Superiore Cuneense ha svolto le sue esercitazioni in Val Venosta, Valle Isarco, Valle Pusteria e collaterali; il Tridentino ha ceduto al Taurinense l'usufrutto di parte delle sue valli; il Comando Julio soltanto è rimasto nei suoi confini, i quali però, come sapete, sono così ampi da consentire all'interno quegli scambi tra reggimento e reggimento che altrove sono possibili solo invadendo il territorio di altro Comando Superiore. So che questa denominazione di Comando Superiore, non vi piace, ma bisognava pur trovare un nome che differenziasse queste complesse unità dalle brigate, che sono qualche cosa di meno e dalle divisioni che, pur essendo dello stesso rango, hanno fisionomia e carattereistiche diverse. E' inutile dire ai « veci » che gli alpini hanno fatto il loro dovere, dando dappertutto dove sono stati, spettacolo di operosità intensa, in uno colla consueta nota di gioconda e serena disciplina, che caratterizza e caraterizzerà in eterno - potete giurarlo - i nostri reparti alpini. Soggiungerò anche, a costo di non essere creduto, che una caratteristica dell'evoluzione dei nostri alpini - evoluzione formale, ben s'intende, chè la sostanza è sempre quella - è nella maggior ricercatezza dell'uniforme : gli alpini sanno essere più eleganti che in passato, anche malgrado le dure prove a cui è sottoposta.... la loro uniforme. Soggiungerò che tutti sono lieti dello scudetto al braccio che differenzia i vari Comandi Superiori, e che gli artiglieri sono fieri della loro nappina verde che ne afferma in modo più tangibile la funzione, i vincoli e l'unità di fede. Vi dirò infine che sanno cantare di reparto in modo così mirabile, da dare spettacolo. E vi prego credere che non esagero.
Avrei voluto che fosse a voi concessa la fortuna, che ho avuto io, di trovarvi un certo giorno del luglio scorso a Bretto. C'era il generale Bes ispettore delle truppe alpine con il colonnello Paolini al seguito, il colonnello Esposito Comandante l'8° e c'era il capitano Dall'Armi colla sua compagnia, una delle tante belle come la sua. Scenario oltremodo suggestivo. Sul cielo terso si profila la cresta del Rombon che echeggia ancora del ricordo della gloria e del sacrificio di tanti alpini; ai piedi tra il verde, nel pianoro solitario pieno di serena severa poesia, un cimitero di guera austriaco seminato di croci e di nomi di nostri nemici di un tempo caduti nell'adempimento del dovere, composti in suggestiva e semplice dignità; in mezzo è il monumento ai caduti, capolavoro pieno di vita e di espressione; il Gen. Bes, protagonista in guerra del dramma del Rombon - ordine militare di Savoia - parla e c'è nel discorso tutto il suo cuore immenso e la sua parola elevata; poi i soldati cantano con un senso di così delicata poesia le loro nostalgiche canzoni al suono della loro fanfara, che anche il più fededdo spettatore - e non noi soltanto vecchi troupiera che facciamo di questa comunanza di vita coi nostri soldati la nostra vita stessa - si sarebbe commosso! Credete pure che popoli che hanno famigliare il canto, che sanno creare delle canzoni come le nostre alpine, sanno cantare insieme come cantano gli Alpini, sono davvero invincibili.
E' inutile fare la storia dell'attività dei reparti. Voi sapete che non è possibile scoprire ogni giorno una nuova parete, un nuovo picco per crearvi la gloria di qualche cordata o di qualche reparto. Molto spesso le più belle imprese sono coperte dalla modestia degli esecutori. Abbiamo sott'occhio una infinità di fotografie che documentano tutta questa intensa attività: rappresentano reparti sul ghiaccio, sulla neve, sulla roccia, sui percorsi più impervi, sugli strapiombi più paurosi: ci sono persino dei pezzi da 75/13 che gli artiglieri hanno portato al di sopra dei 4.000 metri. Mai come ora, ripetiamo, i reparti ci sono apparsi così perfettamente addestrati e disciplinati malgrado le condizioni d'inquadramento e la riduzione dei quadrupedi, conseguenti all'aumentato numero delle compagnia, all'esodo di molti ufficiali per esigenze A.O.* e, per i reparti ricostituiti - come il gruppo « Susa » - alla sminuita efficenza dei quadrupedi provenienti dalla requisizione. Vitalità, potenza creatice ricostruttrice - auspice S.E. Baistrocchi, come nella lettera di riconoscimento del Duce - dei nostri organismi militari vivificati da una volontà possente e da un rinnovato fervido spirito animatore, perfettamente ispirato alle necessità contingenti, mistica esaltazione nel compimento di un dovere sintetizzato nel triplice comandamento delle nuove generazioni: credere, obbedire, combattere.
Sintesi e coronamento di tutta questa attività sono state le grandi manovre, cui hanno partecipato le truppe alpine al completo così come a memoria nostra non era mai avvenuto. La loro partecipazione in tale manovre doveva segnare per esse l'applicazione di nuovi criteri d'impiego miranti ad impiegarli come massa di manovra destinata a prendere, anche sui monti, l'iniziativa delle operazioni che è la principale caratteristica della guerra di movimento. Pur non escludendo, quindi, che possa ad esse in avvenire e, in qualche caso, la tradizionale funzione di vigili sentinelle delle Alpi, ora affidata ad altre formazioni (n.d.r.*), essi sono diventati ufficialmente da questo momento « i celeri della montagna » come nell'ardita espressione di S.E. Zoppi, loro vecchio Ispettore. Le grandi manovre hanno avuto questo anno, com'è noto, il loro svolgimento su quattro diversi fronti, di cui tre soli erano interessati all'impiego delle truppe alpine: Alpi Orobie - Friuli orientale - regione di Bolzano. Crediamo fare cosa grata ai lettori dando un breve cenno di questa partecipazione a corredo delle interessanti fotografie che riproduciamo.
MANOVRA DELLE ALPI OROBIE
Vi prendono parte tre divisioni di fanteria e il I° Comando Superiore Tasurinense (Gen. Vecchiarelli) coi suoi tre reggimenti: 3° Alpini (ten. Col. Bellocchio), 4° Alpini (Col. Girotti), I° Artiglieria Alpina (Col. Lucco-Mussino). Si svolgono sotto la direzione di S.E. Amantea; scopo lo studio dell'azione controffensiva dopo aver rintuzzato la ripresa offensiva avversaria. Il partito rosso, di cui fa parte il comando Taurinense col 3° Alpini ed il gruppo Susa (Magg. Beccaria), dopo essersi impadronito del solco della Valtellina, mira ad affermarsi sulla cresta delle Orobie, contrastato e poi contrattaccato dagli azzurri che debbono respingerli oltre frontiera. Fa parte degli azzurri il 4° Alpini e il gruppo Aosta (Magg. Suquet).
Il terreno, pur non raggiungendo quote elevate, presenta difficoltà di aspra montagna; è un'autentica muraglia che per circa 100 Km. di sviluppo non è attraversata da alcuna rotabile. In uno dei tratti più aspri di questo settore, sulla cresta di Monte Cavallo a Monte Torcola e adiacenze, si fronteggiano gli alpini dei due partiti, impegnati a blocchi, in omaggio al nuovo principio sopra enunciato. Il tempo ostile, l'asprezza del terreno, hanno reso particolarmente difficile l'impiego dei reparti. Ci corre l'obbligo di entrare in qualche particolare - anche contro la brevità dello spazio disponibile - perchè ce ne dà lo spunto l'impiego avvenuto su vasta scala degli « alpieri ». Voi sapete che gli alpieri - specializzazione e denominazione volute dal Gen. Bes - si formano alla scuola militare alpina di Aosta dove, sotto la guida del ten. Col. Masini, completano la loro conoscenza tecnica alpinistica e sciistica per essere in condizioni di affrontare le più aspre difficoltà della montagna; analizzando episodi, fatti d'arme, imprese salienti di guerra alpina nostra e di altri eserciti, educando la mentalità dell'arditismo alpino abbinato all'astuzia; abilitati infine tutti a fare i capi cordata si addestrano a nuclei o riuniti in reparto a vivere, a combattere e a sorprendere il nemico in alta montagna. Ebbene le manovre delle Orobie ha dato ad essi il battesimo ufficiale. Riuniti alle dipendenze del Cap. Fino - nessuno più di lui adatto a disimpegnare l'incarico - tutti gli alpieri del 4° Alpini in una compagnia cui fu affidata la difesa del settore fra M. Pegherolo e M. Secco, vennero impiegati invece in gruppi isolati al servizio dei loro reparti presso il 3° Alpini.
Per brevità vi dirò che gli uni e gli altri sono stati ammirati ed elogiati - e non col solito convenzionale elogio. L'attacco del 3° Alpini, battaglione Susa (Magg. Barbier) nel settore di M. Torcola e Forcolino di Torcola, affermatosi, sia pure per breve tempo, su quest'ultima località, sotto un tempo orribile, fu impresa del tutto degna delle tradizioni di cui si è arricchito questo battaglione nella conquista di Monte Nero.
MANOVRA DEL FRIULI ORIENTALE
Lo scopo era di esaminare, in zona montana, l'impiego di una avanguardia che insegue, per la ripresa dei contatti col nemico e, per assicurare lo sbocco al di là di una linea fluviale (Tagliamento). Vi prendono parte tre divisioni di fanteria, una celere, e il III° Comando Superiore Julio. La manovra doveva ripetere l'episodio del ripiegamento dalla zona Carnica delle nostre truppe dopo Caporetto, sotto l'incalzare della Xª Armata austriaca. Al Comando Superiore Julio e ai suoi tre reggimenti Alpini; 7° (ten. Col. Battisti*), 8° (Col. Esposito), e 3° artiglieria alpina (Col. Mazzini), era assegnato il compito più delicato; quello di avvolgere con movimento travolgente, le difese azzurre seguendo press'a poco l'itinerario delle divisioni del gruppo Krauss che dalla conca di Plezzo dilagarono per Valle Roncolana e Resia fino alla confluenza del Tagliamento col Fella, di fronte al saliente montano al cui vertice è Monte Festa. Impostazione quindi improntata al massimo dinamismo, in tutto e per tutto aderente alla concezione di S.E. Zoppi che dell'esercitazione fu ideatore e direttore instancabile nel seguire, sorvegliare, interessarsi, disporre. Perfetta fu l'esecuzione per parte di quel formidabile blocco di energie e di volontà costituito dal III Comando che ha la fortuna di un capo della ferrea tempra del Gen. Rossi, protagonista di tante azioni di guerra, forgiato del metallo di Cantore di cui è stato allievo e collaboratore.
MANOVRA DELLA REGIONE DI BOLZANO
Era oggetto di studio:
1) esaminare praticamente come si possa rompere la fronte nemica e sfruttare il conseguente successo in modo da disorganizzare l'avversario e creare una situazione strategica tale da consentire d'impegnare una nuova battaglia, di portata più vasta ed in condizioni più favorevoli;
2) sperimentare l'applicazione degli odierni criteri d'impiego di divisioni celeri e motorizzate, nella battaglia, per infrangere la resistenza dell'avversario ed imporgli la lotta di movimento.
Vi partecipano 3 divisioni di fanteria, 2 celeri, 1 motorizzata, i comandi Superiori Alpini Cuneense e Tridentino. Direttore S.E. Ago. I comandanti dei due opposti partiti sono due tecnici della montagna, capi esperti ed apprezzati provenienti dalla fiamme verdi; S.E. Bobbio, già Ispettore delle Truppe Alpine, comandante del partito azzurro; S.E. Tua, comandante il partito rosso. L'ala sinistra degli azzurri è costituito da un raggruppamento denominato celere, agli ordini del Gen. Guzzoni, di cui oltre ad una divisione celere fa parte il Comando Superiore Tridentino coi suoi reggimenti; 5° Alpini (Col. Ricagno), 6° Alpini (Col. Varda), 2° Artiglieria Alpina (Col. Micheletti): e mai denominazione si adegua così perfettamente, ove pensiate che il titolare del Trentino è il Gen. Nasci, il più giovane dei nostri generali, autentica gloria alpina, il cui nome è legato a tante memorabili imprese di guerra del Feltre e alle fulgide giornate di difesa del Grappa. Lo fronteggia il IV Comando Superiore Cuneense (Gen. Testa) schierato coi suoi reggimenti; 1° Alpini (Col. Ferrero), 2° Alpini (Col. Di Castiglione), e 4° Artiglieria Alpina (Col. Bergonzi), a cavallo della Valle di Sole e Val di Non, all'incirca tra Cima della Mezzana e Monte Corno. Potremmo raccontare molteplici episodi dell'alterna vicenda, ma nulla vi interesserebbe più di quanto risuoni nell'animo dei soldati la visita del Duce e l'apoteosi di Ronzone, tanto più che dei compiti enunciati, solo il primo, forse il meno appariscente, interessa direttamente le truppe Alpine.
E' precisamente il 29 agosto che il Duce, in pieno regno dei « verdi », percorre la strada della Mendola verso la Valle di Non. Presso Cloz avviene l'incontro col battaglione Edolo che marcia al seguito del Maggiore Sora al suono della fanfara; l'aspetto del Duce dimostra il suo compiacimento per il portamento marziale della truppa. A Romallo è raccolto il gruppo Pinerolo. La truppa è disposta in quadrato. Il Duce la passa in rivista: si compiace col Col. Bergonzi e col ten. Col. Casetta comandante e poi ascolta il canto » Giovinezza » che i soldati intonano in coro. E quando, sul punto di partire, i soldati intonano « l'Inno delle Legioni » ritorna indietro, si unisce al coro, accennando con la mano la battuta del tempo. Prosegue il Duce per Revò ed incontra il battaglione Tirano (Magg. Zanelli*) e in un prato li presso, passa in rivistra il battaglione Dronero (Magg. Chiusi) e un po' più in alto, sullo stesso pendio, il Borgo S. Dalmazzo (Magg. Cunico). Gli alpini sono disposti dinanzi alle tende e fanno mostra di sè le squadre distinte ciascuna col loro nome: Panttera - Tigre - Avvoltoio - Scoiattolo - ecc. (così come dal suo nome, per volere del Gen. Bes, ogni squadra, ogni gruppo trae personalità, fisionomia individuale e spirito d'azione). Tra Revò e Mostizzole ecco il gruppo Bergamo (Magg. Migliorati) e infine il battaglione Morbegno: lo comanda il Magg. On. Host Venturi sottosegretario alle comunicazioni. Fa zaino a terra e saluta il Duce alla voce, Egli rallenta la corsa e alza il braccio nel saluto romano. Gente di Lombardia, di Piemonte, Liguria, Toscana che rappresentate delle vostre regioni - per chiaroveggenza di legislatore e per spontaneità e saldezza di vincolo - nella loro integrità, gagliardia, operisità, sobrietà e tutte le granitiche vistù montanare che hanno lasciato nel mondo intero traccie indelebili di potenza lavoratrice e conquistatrice; che nell'atto stesso con cui indossate la divisa colle sue fiamme, colle sue nappine multicolori, per prodigiosa spontanea assimilazione ve ne appropriate le tradizioni: voi avete tutti negli occhi la coscienza di ciò che valete e di ciò che rappresentate come cittadini e come soldati: il Duce che sa scrutare negli animi vi ha compresi.
Ancora un giorno e siamo all'apoteosi di Ronzone. Addì 31 agosto 1935-XIII dell'Era Fascista - scolpiamo questa data nei nostri ricordi - 100.000 uomini in armi sono riuniti nella maestà superba della natura, parata a festa per l'occasione, sotto il cielo limpidissimo; torrenti di luce inondano lo spettacolo e si riflettono in mille colori sulla armi dei nostri soldati. Sul gigantesco palcoscenico di 4 Km quadrati spiccano - volti virili di guerrieri segnati dalla fierezza e dalle fatiche - in blocco granitico alpini e artiglieri alpini: sono 42 compagnie, 12 batterie, inquadrate nei loro battaglioni, gruppi, reggimenti, comandi superiori, coi loro nomi e coi loro numeri onusti di gloria.
La presenza del Re Soldato garantisce la perpetuità della tradizione,
la parola del Duce è il premio delle loro fatiche!
MAGG. GIUSEPPE MOLINARI